Dopo l’estate del Papeete, Salvini non ne ha più azzeccata una. Risultato: il punto di riferimento della destra oggi è la leader di FdI. La sfida del partito del pil, il rischio delle regionali, l’altro trucismo e la strada da scegliere
E’ passato esattamente un anno dalla splendida estate in cui Matteo Salvini chiese per sé, in mutande al Papeete, i pieni poteri per guidare l’Italia e un anno dopo il suicidio politico del leader più popolare del paese la domanda giusta da porsi per ragionare sulle conseguenze a lungo termine della disfatta salviniana riguarda un tema solo apparentemente paradossale che suona grosso modo così: a far tesoro della lenta e progressiva caduta del salvinismo saranno più i suoi avversari o i suoi alleati? Un anno dopo il passaggio dai pieni poteri ai pieni poderi da parte di Salvini rispondere a questa domanda non è semplice. Ma due ipotesi si possono azzardare. La prima ha a che fare con il profilo del governo, la cui esistenza oggi non è più legata solo alla necessità di tenere lontano da Palazzo Chigi un leader che, per sua stessa ammissione, avrebbe voluto utilizzare i suoi pieni poteri per portare l’Italia fuori dall’Europa. Ma è legata anche a una nuova dimensione possibile a cui potrebbe ambire il governo Conte, che coincide con l’opportunità di fare dell’Europa non solo uno scudo con cui difendersi ma anche un orizzonte da seguire per provare a efficientare il paese (viva le condizionalità!).
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