L’anno scorso di questi tempi era tutto un botto e un petardo, un darsele di santa ragione, un Papeete e un mojito di traverso, “Salvini fa il furbo”, diceva Di Maio. “La pazienza ha un limite”, rispondeva quell’altro. E allora si rincorrevano, poi si ficcavano i gomiti nel fianco, piroette, esagerazioni, la lira come orizzonte, lo spread e le fetecchie. Era agosto, proprio come oggi, e mentre al Quirinale già si cucinava il Bisconte, ecco che il segretario della Lega, non più ministro dell’Interno ma pur sempre Truce d’Italia, sfidava il precetto della canicola, quello secondo il quale, scriveva Ceronetti, “con il caldo è insensato pretendere qualcosa di ragionevole, di giusto e di possibile”. Insomma, quell’uomo dal metabolismo accelerato che aveva superato il 30 per cento dei consensi, senza nessuna comprensione per i diritti del calendario imponeva a se stesso e a tutti gli altri un ultimo salto nei cerchi di fuoco. Una corsa sotto il sole.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE