caccia alle streghe
"Al bonus dell'Inps per le partite Iva ho diritto. Lo dice la legge. E da consigliera guadagno ottanta euro a seduta". Parla Anita Pirovano
La consigliera comunale di Milano risponde alla retorica anticasta: "Per noi amministratori locali la politica non è certo una fonte di guadagno, anzi. Spesso è una vocazione bellissima che però sottrae tempo, risorse ed energie al lavoro"
C’è forse una modestia di maniera, nell’understatement in cui Anita Pirovano s’esibisce. “Ho tirato un sasso nello stagno, e non credevo che ci fossero così tanti pesci”, dice la consigliera comunale di Milano, esponente di Sel, che ieri mattina, in pieno delirio collettivo da antipolitica, un rigurgito agostano di lotta alla Casta, ha deciso di costituirsi. “Sì, confesso: anche io ho chiesto e ottenuto dall’Inps il bonus da 600 euro per le partite Iva”. Roba da rischiare il linciaggio, da guastare le vacanze appena iniziate.
Ma chi glielo ha fatto fare? “In realtà, credo solo di aver fatto un servizio a me stessa. Per un giorno intero ho letto commenti di ogni tipo: nel furore dell’indignazione, si è rifiutato di discernere, di contestualizzare”. Tutti nello stesso calderone: dai parlamentari fino all’ultimo consigliere comunale. “Ma è assurdo, perché per noi amministratori locali la politica non è certo una fonte di guadagno, anzi. Spesso è una vocazione bellissima che però sottrae tempo, risorse ed energie al lavoro che ognuno di noi ha, e che è quello di cui effettivamente viviamo”.
Le facciamo i conti in tasca, allora, se permette. Cos’ha da dichiarare, signora Pirovano? “La mia occupazione da consigliera comunale a Milano mi procura una remunerazione a gettone: sono circa 80 euro a seduta, per un massimo di diciotto volte al mese. Che però, obiettivamente, quasi mai si raggiungono”. E allora come arriva a fine mese? “Con la mia partita Iva, appunto. Sono una psicologa, ma non ho un mio studio professionale. Lavoro con le scuole, le università, nel sociale”. E quando arriva il lockdown, che succede? “Succede che il progetto che avevo con un centro di formazione professionale viene congelato, e per un mese non mi viene data alcuna garanzia sulla possibilità di proseguirlo attraverso la didattica a distanza. Nel frattempo saltano anche altre varie consulenze. E, in ultimo, anche l’attività in consiglio comunale viene sospesa”.
Insomma, si ritrova a chiedere il contributo di 600 euro all’Inps, proprio come gli anonimi parlamentari finiti sul baso degli imputati della pubblica morale. “No, un secondo. Io non accetto questo paragone. Un deputato o un senatore ricevono dal loro lavoro parlamentare uno stipendio fisso e assai lauto. La loro decisione di fare ricorso al sussidio dell’Inps è inqualificabile: lecito, certo, ma assolutamente inopportuno. E’ un fatto che denota una mancanza di senso della misura. E un discorso analogo, credo, vale anche per i consiglieri regionali”. E poi, però, tra i duemila disonorevoli “politici”, ci sono anche centinaia di amministratori locali. “Penso non soltanto ai consiglieri comunali come me, ma ai tanti sindaci dei piccoli comuni che ricevono uno stipendio davvero esiguo a fronte di rischi enormi, anche dal punto di vista giudiziario, e di un sacrificio davvero indicibile”.
Eppure lei è stata la voce fuori dal coro, l’unica rea confessa. “Questo, ammetto, mi ha sorpreso non poco. Ma non biasimo nessuno. Anche questo silenzio, questa difficoltà ad ammettere qualcosa di assolutamente normale, è indicativo di un clima da caccia alle streghe in cui questo paese vive il rapporto tra la popolazione e la classe politica. E insomma anche per questo l’atteggiamento di chi, rappresentando la categoria in questione avendo la massima visibilità, con incarichi prestigiosi in Parlamento o nel governo, infanga l’onorabilità di tutti i politici, è davvero odioso. Ma al tempo stesso, questa rabbia sociale che si scatena contro il politico di ogni ordine e grado, fomentata anche dalle difficoltà oggettive di tanta parte della cittadinanza e che il Covid ha acuito, dovrebbe interrogare tutti. Se anziché scandalizzarci ci si interrogasse su come si scrivono le leggi, pretendendo magari dei limiti di reddito per l’accesso ai bonus dell’Inps, forse sarebbe meglio. Eppure nessuno si sente responsabile delle scelte che fa eleggendo questo o quel rappresentante”.
E non c’è forse anche una certa responsabilità della sinistra, in questa egemonia culturale del grillismo, in questa dilagante ideologia dell’indignazione? “Non nego che in passato la retorica di sinistra contro il potente di turno abbia contribuito ad alimentare questi sentimenti di sfiducia. Ma se proprio devo rimproverare qualcosa alla parte politica cui appartengo, direi che le mancanza sono state soprattutto nella mancata promozione di un sistema sano di selezione della classe dirigente. Non si è riconosciuto il giusto merito alle competenze, questo è indubbio. Ma questo è avvenuto soprattutto perché, nelle tante riforme degli ultimi decenni, a cominciare da quelle del mercato del lavoro, si è di fatto avallato un arretramento delle conquiste sociali. Ne è conseguito un aumento delle disuguaglianze e delle situazioni di povertà, economica ed educativa. Il populismo e l’antipolitica, in buona parte, sono figli di questi processi. E ora tutti ne paghiamo il conto”.