No a un Parlamento e una Costituzione monchi
Lasciando intatto il bicameralismo paritario, consegneremo a un piccolo Senato di 200 membri il potere di vita o di morte di un governo
I parlamentari italiani sono troppi rispetto alla popolazione? Forse sì, ma questa non è una buona ragione per fare dell’Italia il paese europeo con il più basso numero di parlamentari rispetto agli abitanti. Contemporaneamente, l’argomento idiota e populista del risparmio (che, purtroppo, usò anche Renzi nel 2016) non giustifica affatto uno sfregio della rappresentanza territoriale di intere regioni italiane, i cui parlamentari saranno un giorno cosi pochi da rappresentare una vera casta. Se si voleva ridurre il numero dei parlamentari a un livello paragonabile a quello di altre democrazie europee, bisognava adottare i meccanismi istituzionali di tali democrazie. Lasciando invece intatto il bicameralismo paritario, consegneremo a un piccolo Senato di 200 membri il potere di vita o di morte di un governo. Sarà la più piccola Camera rappresentativa al mondo dotata del potere di fiducia dell’esecutivo. Quando un anno fa il Pd accettò il taglio dei parlamentari, chiese al M5s e a Conte due garanzie: una riforma elettorale adeguata e i ritocchi costituzionali necessari per rendere funzionante la democrazia rappresentativa con il ridotto numero di eletti. Non abbiamo avuto né la prima cosa né la seconda. Il 21 settembre, dopo la vittoria ubriacante del Sì, che sarà la vittoria di chi vuole superare la democrazia rappresentativa in nome della piattaforma Rousseau, avremo un Parlamento delegittimato e una Costituzione monca. Una bella premessa per affrontare la fase economica e sociale più drammatica del nostro tempo.