Wang Yi viene a tastare la fedeltà traballante del capo della Farnesina. La questione di Hong Kong, il 5G e le doppiezze del leader grillino, atlantista intermittente e vecchio amico di Mister Ping
Roma. Non appena la conversazione precipita sull’argomento Hong Kong, l’ex colonia britannica in cui la Cina ha cancellato con violenza ogni traccia di autonomia, ecco che Wang Yi, il ministro degli Esteri cinese, il volto chiuso come una noce, si toglie la giacca, forse per il caldo, ma con l’aria di chi si prepara a una sfida. E insomma questa specie di sfinge orientale, costituzionalmente inespressiva, capace di restare immobile per ore come un cadavere messo a sedere, all’improvviso ha un fremito: fissa l’occhio lontano mentre una ruga verticale si disegna sulla sua fronte (arriverà a dire che le leggi imposte a Hong Kong “servono a garantirne la libertà”).
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