Roma. La volta scorsa, nel 2016, il refrain era quello del “combinato disposto”, quell’abominevole congiuntura tra il superamento del bicameralismo perfetto e una legge elettorale maggioritaria: roba da deriva autoritaria, da “democratura”, un “vulnus”. E via di appelli, petizioni, stracciarsi di vesti e di capelli. Stavolta il tic lessicale si ripropone, puntuale, sul “correttivo”. E via di appelli, petizioni, stracciarsi di vesti e di capelli. E come sempre accade, essendo fumoso il problema additato, finisce che pure la soluzione proposta sia un poco evanescente. Nicola Zingaretti, infatti, per rassicurare quella pattuglia di deputati e senatori critici sul taglio dei parlamentari, s’è acconciato al gioco delle parti, e ha detto che per votare Sì c’è bisogno che prima venga onorato l’accordo di maggioranza siglato alla nascita del governo giallorosso, che prevede l’approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale. E qui, dovendo prendere sul serio la promessa del segretario, viene da osservare che il correttivo, in verità, correggerebbe ben poco. Nel senso che l’unico risultato che si può ragionevolmente sperare di portare a casa, prima della consultazione del 20 settembre, è l’approvazione del testo base – presumibilmente nella prima decade del mese – del cosiddetto “Germanicum” in commissione Affari costituzionali alla Camera. Dove, stando agli accordi che Graziano Delrio avrebbe stretto con Maria Elena Boschi, e stando soprattutto ai pettegolezzi parlamentari che di questi accordi favoleggiano, Italia viva e Leu “non si opporrebbero”. Significa, cioè, che si asterrebbero, con la prospettiva che la soglia di sbarramento contenuta nel documento, il 5 per cento, verrà poi abbassata in Aula. Il che dà già prova di un correttivo un poco friabile, che verrebbe approvato nell’ottica di essere poi corretto a sua volta (nella palude dei voti segreti, peraltro). Sempreché, comunque, l’aritmetica supporti il patto: perché in commissione, senza i tre voti di Iv e quello di Leu, la maggioranza si ritroverebbe con 22 persone; nel centrodestra sarebbero 19. E nel mezzo i tre rappresentanti, decisivi, del Misto. Di cui due fanno già sapere che a questo gioco non ci stanno. “Io voterò contro a questa forzatura procedurale che aprirebbe la strada a una riforma sbagliata”, dice Riccardo Magi. E come lui farà anche, pare, Alessandro Colucci. Si resterebbe allora aggrappati all’umore di giornata di Renate Gebhard, della Svp.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE