Matteo Salvini in spiaggia (foto LaPresse)

buttarla in caciara

L'unica idea di Salvini sulla scuola è un'arma spuntata contro la Azzolina

Valerio Valentini

La Lega annuncia una mozione di sfiducia contro la ministra. Un rituale stanco e inutile: in 36 anni, solo una volta si sono ottenute le dimissioni. E intanto la Bestiolina di Morisi aizza gli hater (ancora)

Se è vero che la confusione nel governo non manca, intorno al garbuglio della riapertura delle scuole, pare evidente che anche dalle parti dell'opposizione sovranista non circolino idee troppo brillanti. Almeno a giudicare dalle strategie con la Lega sta cercando di incalzare Lucia Azzolina. Perché, se il meglio che Matteo Salvini ha saputo trovare, è una bella mozione di sfiducia individuale al ministro dell'Istruzione, c'è di che restare sconsolati. Perché, al di là del merito della questione, al di là dei torti e delle ragioni dentro e fuori dall'esecutivo di Giuseppe Conte, la sfiducia individuale è un po' un esercizio di maniera, il tic linguistico, il riflesso condizionato che sempre coglie chi, non sapendo bene cosa, decide di aizzare un po' di cagnara in Parlamento. Finendo peraltro, quasi sempre, per dare nuova legittimità al ministro che si vorrebbe cacciare.

 

 

E insomma viene da immaginarsela, questa squadra di illuminati strateghi riuniti nel silenzio di Via Bellerio, angustiati nell'ansia di trovare un'idea brillante che però latita, e che infine, dopo aver pensato bene di istigare gli haters sui social con uno di quei post di raffinato galateo d'osteria, esultano per l'eureka che tutto rischiara: "Sfiduciamo il ministro". Ed ecco allora il comunicato: "Alla riapertura dei lavori, presenteremo una mozione di sfiducia a nome di otto milioni di studenti e famiglie, di un milione di insegnanti, dei presidi e del personale scolastico tutto. La Scuola Italiana merita di meglio. Azzolina bocciata". Mozione di sfiducia, dunque. 

 

Un rituale stanco che si ripete alle Camere sin dal 1984, quando a Montecitorio e Palazzo Madama s'innesca la polemica intorno a Giulio Andreotti, ministro degli Esteri del governo Craxi, travolto da accuse e sospetti per il suo presunto coinvolgimento sul caso Sindona. Francesco Cossiga, allora presidente del Senato, decide che è il momento di aggiornare i regolamenti dell'Assemblea per evitare che la gazzarra coinvolga l'intero esecutivo, e nasce così – poi adottato anche dalla Camera – l'istituto della "mozione di sfiducia individuale". Subito se ne approfitta, e contro Andreotti ne vengono presentate ben tre: tutte respinte. Come sempre accadrà nei trentasei anni seguenti, durante i quali il destino infausto e grottesco di presentarsi al banco degli imputati dell'Aula toccherà a tanti: da Franca Falcucci a Carlo Donat Cattin, passando per Pietro Lunardi e Roberto Calderoli, fino a Maria Elena Boschi e Luca Lotti, per arrivare infine a Danilo Toninelli e Alfonso Bonafede. Tutti usciti indenni dalle forche caudine del voto parlamentare, che del resto deve essere palese e dunque ben poco si presta alle imboscate dei franchi tiratori. 

 

L'unico a essere sfiduciato, in questa storia semiseria di scombiccherate arringhe e requisitorie d'Aula, fu Filippo Mancuso, Guardasigilli del governo Dini, che nel 1995 inviò gli ispettori alla Procura di Milano, per vigilare su quella certa tendenza del pool di Mani Pulite a forzare la mano (e il Codice) nella conduzione delle indagini. Quando però Mancuso, giurista palermitano prestato alla politica, criticò anche il pool antimafia della sua città, successe il finimondo, e alla fine fu spinto dalla sua stessa maggioranza, dal suo stesso governo, a fare un passo indietro. Il voto al Senato, dunque, fu poco più di una formalità.

Adesso Salvini spera di stanare il Pd e Italia viva: tenta i dem più scettici sull'operato della ministra, ammicca ai renziani che non hanno lesinato critiche alla Azzolina. E fa un buco nell'acqua. Perché se addirittura Ettore Rosato, colonnello di Matteo Renzi che si scomoda di solito quando c'è da mostrare il volto intransigente del renzismo, s'affretta a svelenire il clima, a sabotare l'agguato del Truce, vuol dire che il tentativo è fallito in partenza. "A pochi giorni dall'inizio della scuola – spiega Rosato, coordinatore nazionale di Iv – le nostre preoccupazioni sono farla riaprire in sicurezza non la ricerca di visibilità di Salvini. Da lui mai contributi per risolvere, sempre polemiche". 

 

Al massimo, insomma, il capo della Lega otterrà, laddove la mozione venisse davvero messa ai voti a settembre, di ricompattare la maggioranza intorno alla ministra dell'Istruzione. E magari a quel punto potrà rivendicare l'esclusività dell'opposizione alla Azzolina. E, chissà, gettare in rete qualche altro sondaggio contro di lei. Ché la Bestiolina di Morisi bisogna pure nutrirla

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