Se si perde la Puglia, si apre il processo. Ma se in Puglia si vince, potrebbe essere il segretario a far saltare il banco. Bonaccini è lo sfidante designato (anche da Renzi). Lo strano attendismo di Lotti
Roma. Se è vero che c’è un tempo per ogni cosa, e che in politica i tempi sono tutto, allora si capisce perché nessuno dei dirigenti del Pd abbia davvero scoperto le sue carte, in attesa di una resa dei conti che però, su questo almeno sono tutti abbastanza concordi, in autunno arriverà. E così, nell’attesa del responso dell’oracolo dell’urna del 20 settembre, il gioco di posizionamento dei vari capicorrente si è trasformato in una specie di danza tribale – Zingaretti al centro, e intorno a lui il vice Orlando, il capodelegazione al governo Franceschini, i leader riformisti Lotti e Guerini in coppia – col segretario nel supposto ruolo di vittima sacrificale, quel segretario che però ha dimostrato di saper fare dell’equilibrismo, dell’arte di conciliare l’inconciliabile, la sua forza. E in effetti anche adesso, nelle tattiche solo vagheggiate durante le cene agostane, negli schemi abbozzati duranti i conciliaboli sul bagnasciuga in vista della pugna che verrà, perfino tra i suoi presunti avversari spuntano i dubbiosi, i cauti, i tiepidi di spirito: quelli che in fondo pensano sia meglio rimandare lo scontro.
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