Davide Casaleggio (foto LaPresse)

baruffe a cinque stelle

Così i parlamentari del M5s provano a rottamare Rousseau con una nuova piattaforma

Valerio Valentini

Deputati e senatori hanno già chiesto un preventivo a un'azienda romana. L'obiettivo è affrancarsi dal giogo di Casaleggio, che pretende i 300 euro al mese senza i quali si finisce a rischio espulsione

Ci sta che infine anche questa, come le altre già tentate in passato, si risolva in una gran cagnara e nulla più. Sta di fatto che però, stavolta, la determinazione dei rivoltosi contro Davide Casaleggio appare sincera, se è vero che a un'azienda di programmazione software romana è già stato chiesto un preventivo per l'elaborazione di una nuova piattaforma. L'alternativa a Rousseau, insomma. Il concorrente che a Via Morone, in ossequio allo statalismo dilagante nel governo giallorosso, non possono tollerare. 

  

L'iniziativa è di una decina di parlamentari, al momento, deputati e senatori. L'avanguardia del dissenso di quel grosso corpaccione di eletti del M5s che ormai considerano il giovane Casaleggio, il figlio padrone, "qualcosa di simile a un aguzzino", un gabelliere, insomma: "La nostra tassa mensile". E certo, è una protesta che ha a che vedere col desiderio di un autonomia politica, di libertà di coscienza, di indipendenza da parte di un partito – che poi sarebbe pure il partito di maggioranza relativa – che non può essere lo spin off di una srl assai modesta, subordinato alle logiche di un software mezzo decotto spacciato come avveniristico da un manager che straparla di scenari futuri e futuribili col tono del profeta visionario, forse per non affrontare un presente in cui la sua impresa boccheggia, fatica a pagare gli stipendi a fine mese ai suoi dipendenti. E che, per stare a galla, pretende da deputati e senatori 300 euro al mese. E qui si arriva al nocciolo duro, di questo malcontento. Che è fatto sì, come si diceva, di desiderio di autonomia politica, ma che riguarda soprattutto le più spicciole questioni di portafoglio.

 

Perché, appunto, tutto ruota intorno a quei 300 euro. Com'è noto, ogni parlamentare del M5s è monitorato dall'anonima piattaforma "Tirendiconto.it", un portale gestito da un misconosciuto staff che si firma "Audit" e che viene ricondotto a Casaleggio stesso, forse – quo bisogna affidarsi ai pettegolezzi di Transatlantico – per interposto studio legale milanese. E insomma è su questa fumosa piattaforma che ciascun parlamentare del M5s deve effettuare le restituzioni, così da ottenere il famigerato pallino verde. Che sta ad indicare che va tutto bene, che nulla di quel che doveva devolvere, dal suo stipendio, è stato trattenuto. La differenza tra i sommersi e i salvati. Solo che le restituzioni sono di due tipi. La prima – di circa 2.000 euro al mese – è la somma che ciascun parlamentare devolve su un conto corrente gestito da un "comitato" presieduto dai due capigruppo – Gianluca Perilli e Davide Crippa – e il capo politico Vito Crimi, pensato per finanziare progetti di utilità sociale. E poi, appunto, ci sono i 300 euro che finiscono nelle casse di Rousseau per non meglio dettagliate spese di "mantenimento delle piattaforme tecnologiche": cioè quella specie di colabrodo che risponde agli ordini e ai capricci di Casaleggio. 

 

Ora, per capire il motivo della protesta bisogna entrare nelle cervellotiche dinamiche dell'"onestà -ta -ta" grillina. Ebbene, chi, tra i parlamentari, non è in regola con le restituzioni, chi insomma è marchiato dall'ignominia del "pallino rosso" su "Tirendiconto", dal 24 agosto scorso è a rischio di diffida da parte del capo politico, una misura che può essere il preludio all'espulsione. Il problema è che però tanti parlamentari, pur essendo in regola con le restituzioni mensili, vengono ancora considerati morosi. Il Motivo? Non hanno versato i 300 euro per Rousseau. Dimenticanza che per alcuni è ormai un atto di deliberata dissidenza, e che prosegue da molto tempo. E però, per essere in regola sul portale "Tirendiconto", bisogna essere in regola col gabelliere di Milano, Casaleggio. Altrimenti, si è a rischio sanzioni. 

 

Ecco perché alcuni parlamentari, i più arditi o i più disincantati a seconda dei punti di vista, hanno pensato bene di procedere alla creazione di un  nuovo software, una nuova piattaforma – gestita solo dai gruppi di Camera e Senato – dove vengano riportate solo le restituzioni fatte sul fondo per i progetti di utilità sociale, senza alcun riferimento ai 300 euro da devolvere a Rousseau. 

Di più su questi argomenti: