Si sta facendo una gran confusione tra riformismo e pragmatismo. Fino al punto di ridurre il primo alla ricerca del “meno peggio”. Vorrei provare a discuterne, partendo dai dati reali della situazione italiana e da una serie di spunti offerti anche su questo giornale da Goffredo Bettini. Per rendere produttivo l’esercizio, sarà bene uscire preliminarmente da un equivoco: un atteggiamento pragmatico – l’attitudine a guardare con il massimo di distacco possibile ai dati della realtà, al fine di approfittare di ogni occasione si presenti per il perseguimento del proprio scopo – può essere proprio sia dei riformisti sia degli estremisti massimalisti. Così come lo è stato dei comunisti: Togliatti era un convinto sostenitore dell’alternativa di sistema al capitalismo, ma è difficile trovare nella vicenda italiana del novecento un leader politico altrettanto realista e capace di adattare pragmaticamente la propria iniziativa al mutare del contesto e dei rapporti di forza, nella società e nelle relazioni tra le forze politiche.
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