Gli intransigenti del no al taglio dei parlamentari si augurano con sfumature diverse di avere un aiuto da parte dei populisti per poter battere i populisti. Altre note di comicità da Salvini, dai meloniani, dai dissidenti di FI e dal mondo di Repubblica
La gustosa battaglia culturale che si sta combattendo attorno al referendum sul taglio dei parlamentari offre notevoli spunti di interesse non solo per le ragioni di carattere costituzionale che dovrebbero spingere a votare sì (perché mai regalare ai populisti una battaglia per l’efficienza del Parlamento che tutto è tranne che populista?) ma anche per ragioni legate a una sempre più evidente carrellata di scene tipiche di una nuova e involontaria comicità politica. Il primo fronte spassoso da mostrare con divertimento è quello dei famigerati puristi dell’antipopulismo, che dopo aver affermato di voler sabotare il referendum costituzionale a colpi di no, in nome per l’appunto dell’antipopulismo, si ritrova a combattere fianco a fianco con una truppa niente male di populisti, che parte dai campioni del Palasharp (da Libertà e Giustizia ad Asor Rosa) e finisce alla flotta degli anti euro (Borghi e Bagnai). I puristi dell’antipopulismo, che tendono ogni tanto a trasformare l’antipopulismo in una battaglia a sua volta populista (Carlo Calenda per motivare il suo no al referendum costituzionale ha fatto proprio il lessico anti casta dicendo, in un’intervista a Repubblica, di voler votare no perché la vera “casta” ormai è il M5s), oggi non lo possono dire fino in fondo, ma hanno un sogno nel cassetto che faticano a nascondere.
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