Da Cuperlo alle Sardine. Le brigate del No al referendum nel segno di Che Guevara

Enrico Dalcastagné

“Basta incontrarsi solo sui social, la partecipazione dev'essere di persona”. A Roma il 12 settembre la manifestazione contro il taglio dei parlamentari

I mille fronti del No, tutti insieme uno accanto all'altro. Che il campo schierato contro il taglio del numero dei parlamentari fosse composito, molto più eterogeneo del fronte del Sì, lo si era capito da tempo. Ma la dimostrazione plastica fa sempre un certo effetto. Non siamo all'accozzaglia denunciata da Renzi in occasione del referendum del 2016, ma le analogie non mancano. Metti insieme un ex presidente del Pd che parla “a titolo personale” e un parlamentare di +Europa che votò Sì quattro anni fa; aggiungi la voce più intelligente delle Sardine e il capitano che all'Isola del Giglio intimò a Schettino di salire a bordo. E il gioco è fatto.

  

Attori mossi da motivazioni e obiettivi diversi riuniti in un'unica sala, consapevoli di essere su posizioni differenti ma che in fondo lo considerano inevitabile. “Anzi, un arricchimento reciproco”. Tutti insieme alla Camera per presentare la manifestazione per il No al referendum che si terrà a Roma il 12 settembre: “Basta incontrarsi solo sui social, la partecipazione dev'essere di persona. Ci troveremo in piazza Santi Apostoli, distanziati ma numerosi da tutta Italia” ha assicurato Jacopo Ricci, portavoce del comitato NOstra.

 

A organizzare l'evento – presentato come “un'occasione per informare sulle ragioni del No e confrontarci nel merito” – è stato Riccardo Magi, deputato di +Europa. Espressione del mondo dei Radicali, eterogeneo per definizione e certamente per tradizione, Magi era a favore della riforma costituzionale di quattro anni fa. Ma oggi la musica è cambiata: “No a una riforma sbagliata. I tre argomenti dei sostenitori del Sì (taglio dei costi della politica, maggior efficienza del Parlamento e allineamento dell'Italia a standard europei) sono stati confutati alla radice, da costituzionalisti e non. Ma non sta in piedi neanche l'idea di un Sì riformista, per cui la conferma del taglio sarebbe propedeutica a ulteriori riforme. Quando, dove? – si chiede Magi – O l'argomento impiegato dal professor Onida, secondo cui una vittoria del No aumenterebbe la sfiducia nei confronti di un Parlamento che questa riforma l'ha approvata. Ma allora qual è la funzione del voto referendario?”.

  

Poi tocca a Jacopo Ricci, portavoce nazionale di NOstra, “comitato giovanile per il No al referendum”. “Ci piace il dialogo delle intelligenze che si stanno coordinando per contrastare questa riforma” esordisce Ricci, 21 anni. Il riferimento è alle Sardine e agli amici di Volt. “Non siamo a priori contro il taglio dei parlamentari, ma lo siamo in questo clima e con questa legge elettorale. Mi infastidiscono e mi indignano le motivazioni della riforma, tutto questo parlare di poltrone anziché di cariche pubbliche. In caso di vittoria del Sì, crisi della rappresentanza e crisi economica andranno di pari passo: meno rappresentatività implica più conflitto sociale, a scapito degli strati più fragili della popolazione”. Poi però Ricci si contraddice: “È evidente che meno parlamentari ci sono e più sono influenzabili da lobby e gruppi vari”.

   

Per le Sardine parla la portavoce Jasmine Cristallo. “In questo clima di antipolitica noi difendiamo la Costituzione e le istituzioni. La nostra è una battaglia di civiltà contro una demagogia spiccia e contro una riforma che manca di prospettiva. Lo dicono tutti i costituzionalisti”. Poi Cristallo cita Piero Calamandrei, “per cui i banchi del governo, quando si parla di Costituzione, dovrebbero rimanere vuoti. Invece oggi ci sono ministri della Repubblica che si spendono per il Sì al referendum. Questo è sbagliato, inaccettabile, come lo sono gli attacchi che riceviamo ogni giorno. Ci attaccano perché siamo scomodi ma noi ci dobbiamo provare. Lo diceva anche Che Guevara: l'unica battaglia persa è quella che non ho combattuto”. Sembrano passati secoli dalle Regionali di gennaio, quando le Sardine furono determinanti per la vittoria di Bonaccini in Emilia-Romagna. Quello stesso Bonaccini che fra tre settimane voterà convintamente sì.

   

“La mia è una testimonianza a titolo squisitamente personale”. Lo specifica sornione Gianni Cuperlo, in minoranza nel Pd di Renzi e voce critica nel partito di Zingaretti. “Dei due obiettivi della riforma, aumentare l'efficienza delle Camere e razionalizzare la spesa pubblica, è rimasto in piedi solo il secondo: un taglio dei costi della politica. I sostenitori del Sì ripetono che ora si farà quello che non si è fatto per decenni, ma ciò è vero soltanto in parte. Di riduzione del numero dei parlamentari si è sempre parlato nell'ambito di una riforma organica, mentre in questo caso la furia semplificatrice ha avuto la meglio. Ma semplificare non sempre è giusto, la realtà è semplicemente complessa”.

   

Vola più basso, e lo dichiara subito, Emma Bonino. Il suo esempio è fulminante: “È come se in un condominio gli abitanti del primo piano decidessero di togliere una trave portante promettendo di rafforzare i muri in un secondo momento. Sì, ma quando? Poi, forse. Per me non funziona così: in un sistema complesso non puoi togliere un mattone qui e uno lì”.

  

La chiusura dell'incontro è affidata a Gregorio de Falco, senatore fuoriuscito dai 5 stelle e ora battitore libero: “Nel programma del Movimento era prevista la riduzione delle spese della politica. Ma quali sono queste spese? Per me non sono i costi della casta ma quelli della sanità privata, dei salvataggi di Alitalia; i costi del mancato rilancio della Jindal di Piombino. Problemi che certo non si risolvono riducendo la rappresentanza. Anzi, è proprio il contrario. Se questa riforma passerà – scommette de Falco – le regioni meno popolose, cioè quelle del Meridione, saranno sottorappresentate. Le disuguaglianze cresceranno e l'Italia si bloccherà”. Un diluvio da cui salvarsi a bordo dell'arca del No. Salite a bordo, cazzo!