A domandarsi perché il Partito democratico sia tanto in dispetto di grandi folle, e forse in odio, la risposta machiavellica è ovvia: risulta odioso quel principe che non sappia farsi temere o amare, che non incute rispetto o non si mostra liberale e aperto e dunque, in un senso molto speciale, corruttivo. Le genti, si sa, sono corrompibili anche più delle classi dirigenti, esigono seduzione e dazione, e se sgranocchiano carote crude, succose, sono d’altra parte sensibili all’azione di un nodoso bastone. Ma un’organizzazione politica che affetta idealità, vaghi programmi di ineffabile cambiamento, che non entra nelle piaghe vere del popolo sempre pazzo e bisognoso, anche del popolo degli intellettuali e del ceto medio riflessivo, per metterci il dito o per curarle, è destinata a un certo discredito.
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