Salvini a Trento fa il democristiano per vincere
Il 20 settembre si prospetta una sfida tra Ianeselli e Merler. La destra punta al ballottaggio nel comune che fu di Dellai. Le placide passeggiate del moderato Salvini
“È storia”. Matteo Salvini attraversa le vie del centro con il candidato del centrodestra sottobraccio. In via San Pietro si ferma e tira fuori il telefono. Una foto al mosaico del fascio littorio con la frase di Mussolini e avanti, verso un nuovo bagno di folla. È storia, e storia potrà essere. A Trento e in altri 157 comuni della regione si vota il 20 e 21 settembre. Trento è “la città”, tutt'intorno piccoli paesi in cui i partiti nazionali neanche si presentano. C'è spazio solo per liste civiche, qualche volta per una sola lista. Con un vincitore annunciato ma non scontato: serve un'affluenza sopra il 50 per cento per diventare sindaco del paesino.
Quello sottobraccio a Salvini – che in Trentino è arrivato solo ieri, due giorni dopo Giorgia Meloni – è Andrea Merler, l'aspirante sindaco che ha unito il centrodestra (dopo un rocambolesco cambio di candidato, a fine luglio). Il centrosinistra, che nella terra di Lorenzo Dellai e della Margherita è sempre stato centro e poca sinistra, è compatto su Franco Ianeselli. Salvo sorprese, saranno loro due a contendersi la scrivania di Palazzo Thun. Fuori dai giochi il Movimento 5 stelle, mai competitivo in Trentino, e una valanga di civiche guidate da giovani, da “Si può fare” a “La Catena” fino a “Onda Civica”.
Con la fine del regno di Alessandro Andreatta, eletto nel 2009 e riconfermato cinque anni dopo, ora i giochi potrebbero riaprirsi. E stavolta il centrodestra ci crede. Se è vero che mai c'è stato un primo cittadino di destra – Trento è passata dalla Dc al Ppi e poi liscia verso il Partito democratico – la vittoria della Lega di Maurizio Fugatti alle ultime Regionali, nel 2018, ha fatto intuire che l'aria è cambiata. Trento città è rimasta un feudo Pd, mica come le valli sperdute (terra di operai e contadini e leghisti al galoppo), ma arrivare al secondo turno non è più un tabù. Per qualcuno quasi una certezza. E in quel caso mai dire mai.
“Dopo 50 anni Trento va presa”, ripete Salvini a ogni mano che stringe. Selfie e abbracci ma mascherina sul naso: Trento non è posto da negazionisti del Covid e in città c'è paura per il focolaio scoppiato in un'azienda di carni. Ieri altri 72 contagi tra i dipendenti – soprattutto manodopera straniera – con i casi totali che salgono a cento. Ma lavoro e immigrazione uguali non sono, e il segretario della Lega non segue il copione seguito a Mondragone a fine giugno, quando attaccò la comunità bulgara per lo scoppio di un focolaio. Qui il Capitano si trattiene: meglio puntare su famiglia e crisi economica e lasciare i migranti un passo indietro.
Salvini li tocca in punta di fioretto, solo lontani i toni a cui ricorre in altre parti d'Italia. Gli attacchi sono per Ianeselli, già segretario della Cgil locale, e per le sette liste che lo sostengono: “Tra i candidati a sindaco vedo alcune differenze. Andrea Merler parla di lavoro. Ci sarebbe stata un'opportunità per 5 mila trentini ma è andata in fumo perché si è detto no alla richiesta di reintrodurre i voucher, garanzia di lavoro per la vendemmia: il governo ha detto no perché si è opposta la Cgil. E ora qualcuno del sindacato vuol fare il sindaco di Trento? Ocio!”.