Nel 1902 un pensatore rivoluzionario pubblicava un contributo al II Congresso del Partito operaio social-democratico in cui propugnava la necessità di una “lotta decisa contro questo orientamento amorfo e mal definito, ma perciò tanto più stabile e capace di rinascere sotto forme diverse”. Il rivoluzionario era Lenin, il contributo era il Che fare? e l’“orientamento amorfo e mal definito” era l’opportunismo economista che, cercando di blandire il consenso dei capitalisti negando le finalità ultime del socialismo, stava a suo dire pregiudicando le possibilità di una vera rivoluzione collettivista. Centoventi anni dopo, la rivoluzione socialista si è realizzata, ha governato mezzo pianeta per decenni ed è crollata sotto il peso dei suoi fallimenti e delle sue illusioni. E per quanto riguarda i maestri del pensiero politico internazionale siamo passati da Lenin a Steve Bannon, a conferma che anche quel filone del pensiero marxista che prediceva l’evoluzione continua dell’umanità si è poi rivelato totalmente infondato. Il paragone con gli strani tempi odierni, quindi, non potrebbe essere più inappropriato.
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