Roma. Quello su cui tutti concordano, nel gioco di posizionamenti che anima questa vigilia di regionali, è che così le cose non vanno. E allora, nell’incertezza di una direzione criticata, di un’identità che si fa fumosa appena ci si allontana dall’imperativo un po’ scontato del fermare le destre, le soluzioni prospettate finiscono col divergere radicalmente. E ciascuno si convince delle proprie ragioni. Stefano Bonaccini, ad esempio, le reazioni un po’ sdegnate che ha ascoltato dopo il suo appello all’unità (“Renzi e Bersani? Tornino nel Pd”) le ha accolte con l’animo sereno di chi sa che lunedì, quando le urne daranno il loro responso, sia gli schifiltosi della sinistra, sia gli oltranzisti di Italia viva, capiranno che di acqua in cui nuotare ce n’è poca, là fuori. Extra ecclesiam nulla salus, predica colui che a capo della chiesa vorrebbe porsi, con la legittimazione di chi governa l’unica parrocchia davvero in salute, e cioè quella emiliana. Ed è per questo che ha suggerito ai suoi sostenitori la cautela: “Ho fatto solo un ragionamento di buon senso. Se altri polemizzano, non mi interessa”. E sul fronte opposto, Goffredo Bettini sorride sornione, e a chi gli chiede se Zingaretti condivide il suo teorema di ritorno al binomio Margherita e Ds, esibisce la calma dei saggi: “Nicola ci arriverà”.
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