Il figlio di Gianroberto scrive ai deputati del M5s che non pagano la piattaforma: chiudo il servizio. Evapora così, con una lettera (e una pernacchia per risposta), la nenia del “primo partito digitale del mondo”, l’ultimo imbonimento digitale che resisteva al passare del tempo e all’ossidazione del contatto con la realtà
Per le colpe dei padri spesso soltanto i figli vengono premiati. E fin qui era stato questo il destino di Davide Casaleggio, coccolatissimo erede e rentier di un Movimento lasciatogli dal papà, che attraverso il notaio gli aveva trasferito la proprietà d’ogni cosa, padrone per statuto. Proprio come ad altri capita un orologio o un appartamento, magari un dente d’oro, a Davide era toccato un partito, con annessi e connessi. E allora lui governava la truppa, riceveva gli aspiranti, giudicava, puniva e premiava. Poi battezzava la piattaforma Rousseau, dal nome dell’inventore della democrazia diretta, dunque proclamava il grande filosofo come santo protettore del grillismo adattabile. Quindi annunciava in pompa magna “una nuova stagione della democrazia”, perché “la democrazia diretta è il futuro” e “Rousseau non è una moda passeggera”, ma il superamento Parlamento, niente meno. Cosa resta? “Tutto finito”, dice spesso Max Bugani, che dei due Casaleggio è stato a lungo il Sancio Panza .
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