La democrazia rappresentativa è in crisi, o forse in via di rinnovamento. Scavata da decennali trend di sfiducia dei cittadini, che hanno alimentato livelli crescenti di disaffezione e astensionismo. E sotto l’impatto dell’ondata populista che contrappone il popolo al Palazzo, tacciato di produrre risultati insoddisfacenti, o peggio di coltivare gli interessi di pochi. Tuttavia, sono in molti a pensare che viviamo in una fase transitoria, che ci porta a passo spedito verso nuove forme di organizzazione politica. Che speriamo di poter ancora definire, in qualche modo, democratiche. Rispetto a questi processi sono le nuove tecnologie a interpretare il ruolo di motore del cambiamento, secondo un doppio copione: strumento di rivitalizzazione delle vecchie procedure di rappresentanza, finiscono per suggerirne il superamento. Si possono leggere con questa doppia chiave di lettura la tensione all’interno del M5s tra gli eletti in Parlamento e l’Associazione Rousseau e il recente annuncio di Davide Casaleggio dell’elaborazione di un sistema di e-voting che, con tecnica mutuata dalle criptovalute, si candida a procedura elettorale del futuro. Il sistema di voto, chiamato “Terminus”, è stato presentato qualche settimana fa a una conferenza internazionale con un lavoro scritto dal presidente dell’Associazione Rousseau insieme ad alcuni ricercatori.
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