Guerini incoraggia Bonaccini, ma al tempo stesso offre la mano al segretario. "Occhio che se non ti fai aiutare da noi, tornano i Ds con Orlando", dicono i riformisti a Nicola. E lui attende: sa che il suo destino s'intreccia a quello di tanti, da Conte in giù
Chi è abituato a parlarci di frequente dice che quel suo prendere tempo, quella sua canonica cautela democristiana, s’è colorata di una sfumatura luciferina, in questa vigilia elettorale. “La leadership di Zingaretti non si discute, per il momento”, dice insomma Lorenzo Guerini ai suoi parlamentari, come a volerli tenere a freno. E loro, ovviamente, più che altro si concentrano su quella precisazione finale, “per il momento”. Che è poi la stessa che il ministro della Difesa usa anche con chi, tra i suoi, gli chiede cosa fare con lo scalpitante Stefano Bonaccini: “Diamogli una mano, per il momento”. E in questo equilibrismo sta in fondo il senso dell’attesa del compiersi degli eventi, che riguarda non solo Base riformista, ma tutto il Pd. Perché, se è vero che il correntone diretto appunto da Guerini insieme a Luca Lotti non è abbastanza forte da poter pianificare in anticipo il ribaltamento degli equilibri del Nazareno, non è neppure abbastanza debole, soprattutto tra i gruppi parlamentari che controlla, per essere aggirato nei giochi che s’apriranno lunedì, quando il risultato delle regionali sarà definito.
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