Il paradosso del riformismo democratico e del Pd: indispensabile al governo ma poco amato. Il bisogno di risolvere il conflitto sul versante “populista”. Una via d’uscita, dopo il referendum, guardando all’economia e all’Europa
Scrivo queste note mentre ancora non si conoscono i risultati della tornata elettorale e referendaria. Le riflessioni proposte qui di seguito, almeno in una certa misura, possono peraltro prescindere dalla puntuale registrazione dei rapporti di forza nel paese che il voto ci presenterà nelle prossime ore. Il nocciolo della “questione riformista” in Italia resta infatti sostanzialmente lo stesso: sia in caso di (probabile ma non certa) vittoria del Sì, sia in caso di successo del No; e soprattutto, sia nel caso in cui le elezioni regionali siano andate molto male per il Pd e il centrosinistra, con lo sfondamento della destra anche in Toscana, dopo l’Umbria e assai probabilmente le Marche, sia nel caso siano andate meno male, con la tenuta della linea difensiva dell’Appennino, almeno sul versante tirrenico. Che il nord, dalla Liguria al Veneto, sia al momento fuori portata per il centrosinistra non lo mette in dubbio nessuno. E anche al sud, Pd e alleati, ormai da diversi anni, sono in ritirata o chiusi in difesa.
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