Maurizio Milani ha avuto una soffiata e ci dice i risultati del referendum e delle regionali. Un bel terremoto. I problemi del governo (varie ipotesi di crisi), le mosse di Mattarella, il fermento nelle cancellerie internazionali. Un saggio di cabaret elettorale
Mi chiama il direttore Cerasa (è martedì 15 settembre). “Ciao! Tutto bene lì?”. Io: “Sì! Sono fallite 950 aziende su 1.200 del polo produttivo”. Direttore: “Quello a parte, dovremmo rischiare a urne ancora aperte”. Io: “Sì! Rischiamo tutto!”. Direttore: “Infatti prepariamo l’edizione di lunedì 21 come se avessimo già i risultati. Ti senti di farla?”. Io: “Sì! La preparo subito. Ciao, grazie”. Allora, iniziamo dal referendum ancora in corso. Il risultato è questo: No 62 per cento, Sì 26 per cento. Nullo il resto. Il problema è stato quello dell’affluenza: il 12 per cento. Con regioni che non dovevano eleggere il presidente al 2,6 per cento. In tali regioni che però avevano comuni che eleggevano il sindaco il risultato è ancora peggiore: 1 per cento secco. Mai nella storia c’è stata una nazione dove sono andati a votare in venti su mille. In pratica non hanno votato nemmeno gli scrutatori al seggio, e nemmeno i loro parenti (che di solito vanno a votare per dire al barista: “Sai dov’è mio figlio?”. Barista: “No!”. “Al seggio come scrutatore”. Barista: “Chissà che brogli”. “Sì, quello sempre, diciamo che falsano il risultato di un 15 per cento. Di più no perché il presidente di seggio non vuole grane”. Barista: “Si, è uno scrupolo da galantuomo”).
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE