Il ministro degli Esteri esulta per il ballottaggio raggiunto nella sua città: ma l'analisi dei voti degli ultimi cinque anni fotografa una progressiva perdita di consenso del M5s. Giggino ha piazzato amici e compagni di scuola ovunque, e non gli è bastato per ingraziarsi i suoi compaesani
Che ingrati. Lui gli ha piazzato mezzo paese nei ministeri e nelle grandi aziende di stato, s'è ricordato degli amici, ha trasformato quella cittadina semisconosciuta nel più grande laboratorio di (aspiranti) boiardi di stato, roba che manco l'Ena, la Scuola nazionale di amministrazione in Francia, e quelli niente, nemmeno un grazie. Ora che bisogna dimostrare un minimo di riconoscenza, Pomigliano d'Arco si rivolta contro il suo cittadino più illustre, quel Luigi Di Maio che proprio a casa sua ha voluto sperimentare l'alleanza giallorossa per le amministrative: col Pd, col partito di Bibbiano, proprio tra le strade che lo hanno visto bambino. E certo, lui ora rivendica il risultato ottenuto: "Siamo al ballottaggio, ce la giochiamo al secondo turno", esulta il ministro degli Esteri. Ma un'analisi appena più attenta dei risultati elettorali di Pomigliano negli ultimi cinque anni fotografa in verità una progressiva, seppur non lineare, emorragia di consensi per il M5s.
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