(foto LaPresse)

il testo in cdm

Ecco come il governo ha cambiato i decreti Salvini

Luca Roberto

Nel testo approvato in Consiglio dei ministri viene reintrodotta la protezione umanitaria. Ridotte le multe alle Ong e si accorciano i tempi per ottenere la cittadinanza. Bellanova: "Si chiude una pagina buia"

Nella serata di lunedì 5 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che smantella in larga parte l'impianto securitario introdotto nella gestione dell'immigrazione dai cosiddetti decreti Salvini, durante l'epoca del governo gialloverde. Nonostante la scorsa settimana sulla reintroduzione del principio della protezione umanitaria le forze di maggioranza avessero tribolato, con i Cinquestelle che si opponevano allo smantellamento di quanto loro stessi avevano voluto quando erano alleati di Matteo Salvini, alla fine una quadra s'è trovata. "Abbiamo messo fine all’inciviltà dei decreti in-sicurezza di Salvini ripristinando condizioni di civiltà giuridica e giustizia sociale. Chiudiamo una pagina buia", è stato il commento del ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova.

Come spiegato da Palazzo Chigi in un comunicato rilasciato dopo il Cdm, "per quanto riguarda la protezione internazionale degli stranieri, la normativa vigente prescrive il divieto di espulsione e respingimento nel caso in cui il rimpatrio determini, per l’interessato, il rischio di tortura. Con il decreto, si aggiunge a questa ipotesi il rischio che lo straniero sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti e se ne vieta l’espulsione anche nei casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare". C'è quindi un allargamento delle maglie per la concessione di una protezione speciale che ripristina le norme ante Salvini, accogliendo i rilievi che da questo punto di vista aveva mosso anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella promulgando la legge.

 

Sempre in tema di permessi di soggiorno, invece, si prevede la possibilità di convertire alcune specifiche richieste in permessi per motivi di lavoro. Viene ricostruito il sistema di accoglienza, in parte smantellato dall'intervento dell'ex ministro dell'Interno, con la possibilità di risiedere nei Centri di prima accoglienza per un numero massimo di 90 giorni (rispetto ai 120 della normativa precedente) per chi non ha già una forma di protezione. "Successivamente, il Sistema si articolerà in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti protezione internazionale, il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione", recita il comunicato del governo. Vengono ridotti i tempi per ottenere la cittadinanza: il riconoscimento deve avvenire entro massimo 36 mesi rispetto ai 48 mesi della normativa precedente

 

Per quel che riguarda le Ong, se prima nel caso di soccorso in mare dei migranti si rischiava fino a un milione di euro di multa, la norma introdotta dal governo abbassa le sanzioni a un massimo di 50 mila euro, per altro comminabili non dal prefetto ma solo in seguito a una sentenza della magistratura. Rimane, per gli attivisti delle Ong che non abbiano comunicato la loro attività al centro di Coordinamento o allo stato di bandiera, il rischio di essere sanzionati con 1 o 2 anni di carcere e una multa da 10.000 a 50.000 euro. La gestione delle navi, i transiti nelle acque, ricadono da ora nell'alveo del Ministero dei Trasporti, che è quindi decisore primario rispetto al Ministero dell'Interno. 

 

Non solo immigrazione 

 

Nel testo licenziato dal Consiglio dei ministri vengono affrontate questioni di pubblica sicurezza che esulano dal tema strettamente migratorio. Si introduce il Daspo urbano, e cioè uno strumento che permette ai Questori di vietare l'ingresso in alcuni locali o attività commerciali nei confronti di chi abbia ricevuto condanne per spaccio di stupefacenti. Era una delle richieste avanzate dai vari comitati che si battono in tutta Italia contro gli eccessi della Movida. In più si inaspriscono le pene per chiunque partecipi a una rissa in cui qualcuno sia rimasto ucciso: le pene vanno dai 6 mesi ai 6 anni e i giornali l'hanno ribatezzata  "norma Willy" per l'applicabilità che avrebbe trovato nel caso dell'omicidio di Willy Monteiro a Colleferro. 

 

Infine, per venire incontro alle richieste del Garante dei detenuti, sono puniti da 1 a 4 anni tutti coloro che abbiano introdotto un cellulare in carcere o lo abbiano ricevuto senza denunciarlo.