L'amministratore delegato Fabrizio Salini riceveva cento telefonate al giorno, ora agli amici racconta che “è tanto se ne ricevo trenta”. E’ come se l’azienda, il gran corpo di bestia dotato di vita propria, l’avesse fiutato: è finita, il potere non è più là. Non è più lui. Ed ecco l’eterna ritualità del settimo piano di Viale Mazzini, sempre la stessa storia, che si ripete sempre uguale
Riceveva cento telefonate al giorno, ora agli amici racconta che “è tanto se ne ricevo trenta”. Prima entravano continuamente nella sua stanza direttori di rete, dei tg, i manager, quelli delle risorse umane, del cerimoniale e del cosiddetto “financing”, in un turbinio che sembrava non finire mai. Inviti, proposte, richieste, suppliche. Ora invece, in quelle stanze dell’amministratore delegato che sembrano una nave da crociera, tra le boiserie, la scrivania, il divano in pelle umana e l’immenso tavolo rotondo, a volte gli capita persino la fortuna di restare da solo con i suoi pensieri. E’ come se l’azienda, il gran corpo di bestia dotato di vita propria, l’avesse fiutato: è finita, il potere non è più là. Non è più lui. Così adesso quando ne parla agli amici, Fabrizio Salini la prende un po’ a ridere e racconta che “ai tempi in cui lavoravo per la Fox feci la serie ‘Boris’. Era uno sberleffo satirico rivolto alla Rai. Ma ‘Boris’ è nulla in confronto a quello che davvero è la Rai”. E allora bisogna proprio immaginarselo l’amministratore delegato della televisione pubblica, il padrone della Rai (ma in scadenza) che arriva a Viale Mazzini, attraversa il cortile accanto all’eponimo cavallo, e già subito s’accorge che qualcosa non va.
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