Una vocina rimbalza sui cellulari: “Tanto i quesiti sono stati già scritti. Ci saranno la domanda su capo politico o gestione collegiale e poi il tema dell’alleanza organica con il Pd. E’ tutto già deciso, altro che Stati generali e coinvolgimento degli attivisti”. Davide Casaleggio, e il mondo che ruota intorno al presidente di Rousseau, sembra essere rassegnato. A ventiquattro ore dall’annuncio di Vito Crimi c’è un pezzo di M5s che smonta il grande evento, il primo congresso dei grillini. Nonostante la guerra sia ancora in corso, c’è un accordo di massima: l’ultima parola passerà dagli iscritti, ma non si metterà ai voti la deroga del secondo mandato né il divorzio da Rousseau. Questi sono i patti e le concessioni delle ultime ore per evitare il big bang. Reggerà l’intesa? Allo stesso tempo, i cosiddetti governisti sarebbero riusciti a imporre i testi dei quesiti: la chiave della tanto decantata democrazia diretta. Il problema infatti è proprio questo, e la storia di Rousseau lo insegna: dipende tutto da come vengono scritte le domande e il voto degli iscritti è una banale conseguenza. Una pratica evidente, che è stata candidamente confermata proprio dal capo politico Vito Crimi costretto ad ammettere in una recente intervista che “in passato” i quesiti, scritti sempre dopo un confronto con Casaleggio, erano spesso posti in modo “suggestivo”.
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