Ecco, se un rischio ulteriore comporta questa maledetta pandemia, è che le menti più acute di questo paese, le più larghe e vivaci, perdano stima di loro stesse, col rischio di abbattersi. Non è stato un bel vedere, l’altra sera, lo spettacolo di Massimo Cacciari il quale, dopo aver inveito con eccellente indignazione contro il “delirio normativistico” dell’ultimo decreto antivirus, non è riuscito a evitare di domandarsi, da solo, in tivù: “Ma cosa sono, un deficiente?”. Cacciari. Deficiente. Ecco, questo no. Questo fa male a lui, a noi, fa male a tutti. Già qualcuno venne tentato da analoga domanda allorché il Mose, contro cui Cacciari veniva dall’aver speso gli anni suoi più maturi, tenne asciutti i piedi dei veneziani. Ma i piedi, non la testa. Cacciari non è tipo che bada ai piedi. Tenercelo stretto, uno come lui. Ascoltarlo. Impedirgli di doversi chiedere addirittura se è deficiente. Felicitarci quando s’incazza molto. Anche sempre. Sussurrargli al più: “Deficiente? Ma va là! Lei ci sembra, professor Cacciari, lo Sgarbi di Nietzsche”.
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