no al lockdown parlamentare

Così Montecitorio si sta trasformando in un focolaio

Il rifiuto a varare il lavoro da remoto per i deputati si scontra con la prepotenza del virus.

Valerio Valentini

Il contagio dei capigruppo e il rischio di falsare i voti in Aula con sedute semideserte.  Il contagio dei capigruppo e il ritardo nei tamponi. L'odissea dei "contatti" e i bizantinismi della burocrazia della Camera. Il presidente Fico solo ora si convince che il problema è reale

Alla fine, pare, ci si arriverà comunque. “Ma ci si arriverà per disperazione, del tutto impreparati, anziché con raziocinio”, sbotta Stefano Ceccanti, deputato del Pd che sulla proposta di introdurre il lavoro da remoto per i parlamentari si batte da mesi, e ha raccolto quasi 120 firme di deputati di ogni schieramento politico per una modifica al regolamento di Montecitorio. E forse, alla fine, s’è convinto anche Roberto Fico. E anzi, più convincersi ha ceduto – e insieme a lui, ha ceduto l’ascoltatissima Lucia Pagano, segretaria generale della Camera – sapendo che stava rischiando di fare la parte del don Ferrante manzoniano, convintosi che non essendo né sostanza né accidente, il Covid non potesse entrare dentro Montecitorio. E insomma mercoledì, di fronte al precipitare degli eventi, la giunta per il regolamento ha incardinato la proposta per  avviare il voto a distanza: ma con tutta calma, in ossequio ai bizantisimi del Palazzo: se ne riparlerà la settimana prossima, quando si stabilirà il calendario delle audizione, e poi ci si aggiornerà alla prossima seduta. 

 

Ci si arriverà, insomma, ma col fiato corto. E con le sedute della Camera che diventeranno un’incognita, col bollettino dei malati e dei contagiati che conterà più del pallottoliere: “Tu quanti ne hai, di ammalati? E quanti in isolamento?”, si domandano ormai segretari d’Aula e capigruppo, pure loro colpiti dal contagio. E’ positivo Francesco Lollobrigida, presidente dei deputati di FdI. E’ positiva Mariastella Gelmini di FI. E’ positivo  Davide Crippa del M5s. La conferenza dei capigruppo come un lazzaretto. La dialettica tra maggioranza e opposizione falsata dal capriccio quotidiano del virus. Perché, nell’indolenza estiva della politica, il virus ha fatto il suo corso. E così i contagi sono inevitabilmente aumentati, anche dentro Montecitorio: Lorenzin, Zicchieri, Pastorino, Tripodi, Giordano. E per ciascuno dei positivi è partita la trafila dei controlli dei contatti più assidui. Ma anche questa in ossequio a quello spirito d’improvvisazione che sempre colora la velleitaria superfetazione burocratica. E così i deputati della commissione Bilancio, dopo la notizia della positività della della Lorenzin, si sono visti contattare dagli Uffici di Montecitorio. “Pronto, sì, guardi, ci risulta che lei potrebbe essere entrato nel perimetro di prossimità, per cui la inviteremmo, se possibile, a farsi un tampone”.

 

Solo che alla Camera, che pure dispone di un’infermeria, il tampone finora non si può fare, come invece avviene sin dall’estate al Senato, col dottor Marini che ormai ha avviato una campagna di controlli su larga scala. E invece i deputati devono rivolgersi alla loro Asl di competenza, ammesso che al momento della segnalazione si trovino nel loro comune di residenza. Se invece sono a Roma, gli tocca andare allo Spallanzani e mettersi in coda, attendere l’esito e nel frattempo vivere in un limbo, confinati magari in una stanza di hotel in una specie di isolamento fai da te. E già, comunque, possono ritenersi fortunati. Perché invece Marco Minniti, che il suo dirimpettaio di banco (Pastorino, di Sel) era stato trovato positivo lo ha saputo solo tre giorni dopo che quella positività era stata accertata, ed è andato su tutte le furie. Ed ecco allora che alla fine Fico s’è deciso: da lunedì sarà possibile sottoporsi ai tamponi dentro i locali di Montecitorio.

 

Ché del resto la situazione stava diventando  imbarazzante. Perché dopo una prima fase in cui il problema lo si era voluto ignorare, facendo così precipitare la maggioranza sotto la soglia del numero legale, alla fine si è deciso di considerare “in missione”, cioè assenti giustificati, i deputati impossibilitati a partecipare ai lavori perché positivi o in isolamento. E però anche questa è una mezza soluzione: perché, se il trend crescente di contagi prosegue, tra due settimane le sedute saranno praticamente semideserte, e l’approvazione o la bocciatura dei provvedimenti dipenderà da quanti sono gli infetti nei vari schiarimenti. Che poi è un po’ la roulette su cui forse il centrodestra scommette per cercare l’incidente parlamentare, dietro la giustificazione per cui il voto a distanza agevolerebbe troppo il governo annichilendo la dialettica nelle Camere. Ma in aperta sessione di Bilancio, correre sul filo dei contagi di giornata diventa un azzardo troppo grosso per tutti. Anche per questo, pare, della questione si sono interessati pure a Palazzo Chigi, e addirittura al Quirinale. Anche per questo, sia pure con lentezza e con cautela, perfino Fico s’è convinto, o ha ceduto. Per non fare fino in fondo la figura di don Ferrante.

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