È stato il dpcm della discordia. E delle rotture: quella più clamorosa riguarda il Comitato tecnico scientifico e il ministro Roberto Speranza. Con il Cts che si lamenta delle “pressioni” del titolare della Salute, facendo trapelare, addirittura, che “servirà un chiarimento”. Perché Conte, alla fine, ha fatto da sponda agli scienziati per misure soft contro Speranza (con Dario Franceschini) che invece puntava a interventi drastici per chiudere palestre e piscine. Una disgiunzione in epoca di congiunti. Che rompe una filiera di comando finora sembrata più che mai affiatata. E c’è chi parla di minacce di dimissioni da parte dei membri del Cts e chi invece è speranzoso, nel senso del ministro, ma anche di una ricucitura che avverrà sulla spinta di un’emergenza tutt’altro che finita. Un balletto, questo dpcm. Pieno di pasticci. Come la norma sui sindaci che possono chiudere le vie della movida a rischio virus. Un’idea rilanciata dal premier Giuseppe Conte, su spinta di Franceschini, ma subito bocciata da tutti gli amministratori a corto di forze. E di cui il Viminale – e dunque la ministra Luciana Lamorgese – era rimasto totalmente all’oscuro. Al punto di dover intervenire, con una certa irritazione per il modus operandi salvo far prevalere la massima collaborazione istituzionale, per metterci una pezza. Tanto che alla fine il dpcm, in corso d’opera, è stato corretto. E il ministero dell’Interno oggi con una circolare spiegherà come muoversi in caso di potenziali focolai nelle città: indicazione dei sindaci alle Asl, poi tavolo tecnico in prefettura e solo alla fine l’intervento delle forze dell’ordine. Un’armonizzazione, postuma. Che però manca ancora sul Mes.
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