La tutela della salute pubblica e le proibizioni tassative, intrusive, esistenziali, e i divieti che si rincorrono da una fonte di decisione oggi frammentata. Bisogna mantenere una grandissima calma
Lasciamo da parte quatto camorristi e turbolenti che si accaniscono sui cassonetti nella notte a Napoli, e veniamo al dunque. Mai nell’arco delle nostre vite, boomer e millennial e non so più cosa confusi, mai abbiamo incontrato quella speciale declinazione dell’autorità che è la proibizione tassativa, intrusiva, esistenziale. Lasciamo stare la metafora del semaforo rosso che è sciatta: qui non si evita lo scontro, si vieta l’incontro. Lasciamo stare. Qui non si dice solo cosa devi fare per strada o in luoghi pubblici, si danno indicazioni rigorose sui contatti perfino in casa; qui non si mettono imposte e gabelle, si chiudono attività, si mette fuorilegge il lavoro, forse la scuola; eccetera. La rivolta è nelle cose, l’insubordinazione è istintuale, la parola coprifuoco sembra fatta per la violazione. La procedura selettiva, poi, è una rappresentazione canonica dell’ingiustizia o una sua efficace simulazione: un conto è dire tutti a casa per fermare il drago, un conto è dire tu sì tu no, questo si può fare e questo no, il tutto senza un orizzonte, senza che si intraveda la fine dell’incubo se non in modo nebuloso.
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