Il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute parla della "necessità di adeguati interventi". Non si resterà solo a guardare la curva crescere, benché a Palazzo Chigi s’erano ripromessi di attendere senza troppi patemi che questa prima stretta producesse i suoi effetti, prima di prendere ulteriori decisioni
Lo dice con la voce anodina, serafica, che quasi ignora il rimbombo dell’eco che ne seguirà. E però quando parla Giovanni Rezza, il corso degli eventi per un attimo sembra fermarsi, dentro i palazzi romani: “Tutto ciò indica naturalmente la necessità di implementati e adeguati interventi”, spiega il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute. E nel farlo pare quasi pronunciare un’ovvietà: perché di fronte a quasi 22 mila nuovi casi – 21.994, per l’esattezza, su oltre 174 mila tamponi, con un tasso di positività del 12,6 per cento e con 221 nuove vittime da Covid-19 –, una curva dei contagi che non accenna a calare e anzi accelera ogni giorno di più a dispetto delle prime parziali misure restrittive, pare innegabile che si dovrà intervenire ancor più severamente. Sennonché il dilemma sta proprio lì: nello stabilire come, e con che tempi farlo.
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