“Caro Zingaretti, il governo non tirerà a campare”, dice Conte
“Sì, rivendico lo stato d’emergenza: senza avremmo intasato il Parlamento”. Anticipazione del nuovo libro di Vespa
Esce oggi, giovedì 29 ottobre, il nuovo libro di Bruno Vespa da Mondadori: “Perché l’Italia amò Mussolini (e come ha resistito alla dittatura del virus)”. Pubblichiamo un’anticipazione del colloquio avuto dall’autore con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Caro presidente, in questo libro sugli anni del consenso per Mussolini ricordo che la popolarità del Duce era maggiore di quella per il fascismo. I sondaggi dicono che lei e molto più popolare del governo. Dunque, c’è qualche somiglianza… Giuseppe Conte sgrana gli occhi, che emergono dalla mascherina chirurgica, si distende sulla sedia alzando le gambe unite e spara: “Vuole vedermi a testa in giù?”. (…) Il presidente del Consiglio ritiene che il governo abbia fatto tutto quello che doveva e guarda avanti, verso un orizzonte salvifico che non gli appare lontano. E mentre il suo portavoce Rocco Casalino ha gli occhi inchiodati ai sondaggi d’opinione, lui mi dice di non farci caso (sarà vero?). Prende atto, tuttavia, che la sua popolarità durante la prima fase della pandemia e aumentata, salvo scendere nell’ultima parte di ottobre, quando la gente si e sentita smarrita dinanzi alla confusione della seconda ondata. Faccio notare al premier che non sono poche dodici conferenze stampa, spesso nel prime time serale, quando vanno in onda i telegiornali e gli spettacoli più attesi. “Non le ho contate. Ma spalmate su otto mesi – da marzo a ottobre – sono il minimo sindacale per offrire alla popolazione un’informazione doverosa e necessaria, considerata la situazione drammatica che l’Italia ha vissuto e le scelte dolorose che abbiamo dovuto adottare”.
Conte si meraviglia quando gli dico che lui parla superando la linea politica dei partiti che lo sostengono: “Stia pur certo che le decisioni comunicate al paese sono state sempre il frutto di una valutazione collegiale con gli altri ministri e sono state assunte tenendo conto con scrupolo della posizione delle forze di maggioranza”. Quando gli ricordo che e stato rimproverato di abusare dei decreti presidenziali, ignorando opposizione e Parlamento, lui, con il puntiglio dell’avvocato e del professore, ribatte: “Avremmo dovuto adottare decine e decine di decreti legge, con il risultato di intasare ancor più il Parlamento? Nella nostra Costituzione non esiste una norma che regoli lo stato d’emergenza. Lo abbiamo proclamato, però, in linea con le previsioni del codice della Protezione civile. Quanto alle misure restrittive, la nostra legislazione ordinaria consentiva di disporle con ordinanza del ministro della Salute. Abbiamo preferito intervenire con alcuni decreti legge, che hanno dettato la cornice, e poi calibrare le singole misure restrittive con i decreti del presidente del Consiglio, che prevedono un iter che assicura maggiore collegialità rispetto all’ordinanza di un singolo ministro”.
Le contestano di aver ignorato l’opposizione. Al massimo, una telefonata prima di andare davanti alle telecamere… “Al di la di specifiche telefonate, io stesso e il ministro della Salute ci siamo recati numerose volte in Parlamento per illustrare e discutere le misure contenitive del contagio”. Anche se si è trovato a palazzo Chigi perché Luigi Di Maio, nella primavera del 2018, lo presento a Matteo Salvini in un albergo di Milano, Conte e di scuola democristiana, pur non essendo mai stato iscritto a quel partito. Il suo mentore era il cardinale Achille Silvestrini, cappellano della sinistra dc. E pur essendo il cardinale Fiorenzo Angelini, uomo chiave della sanità romana, il prelato di riferimento di Giulio Andreotti, Silvestrini non era affatto lontano dal Divo Giulio. E perciò a lui che penso quando metto sul tavolo di Conte, superato il distanziamento di rito, l’accusa di “galleggiare”, esercizio di cui i democristiani in genere, e Andreotti in particolare, erano assoluti maestri. “Galleggiare? Be’, vengo anche accusato di eccesso di decisionismo. E difficile mettere tutti d’accordo”. Allora mettiamola cosi: Nicola Zingaretti, segretario del Partito democratico, sostiene che il governo non può tirare a campare fino all’inizio del 2022, quando si dovrà eleggere il successore di Sergio Mattarella. “Ha perfettamente ragione” mi risponde. “E infatti stiamo varando tante misure di politica economica e sociale, e abbiamo sciolto vari nodi che si trascinavano da tempo”.