Mettere la nostra conoscenza al servizio di un mondo che cambia è forse la chiave vera per provare a capire in che modo anche la politica può tentare di governare la stagione dell’incertezza. Ai politici, oggi, non si chiede di dominare il virus, ma di fare tutto ciò che è in loro potere per non farsi trovare troppo impreparati e non restare ostaggio dei propri dogmi
Quando ti ritrovi ad affrontare ogni giorno prospettive da incubo, notizie scoraggianti e aggiornamenti deprimenti, come capita spesso purtroppo quando ci si trova all’interno di una pandemia, cercare risposte semplici a problemi complessi è un atteggiamento naturale, quasi fisiologico, di chiunque sia alla disperata ricerca di un punto di arrivo, di un appiglio a cui aggrapparsi e di una piccola luce da cui ripartire. Vivere la pandemia come una stagione senza tempo porta anche le menti più razionali a cercare disperatamente quello che in una pandemia difficilmente si può trovare, ovverosia una qualche certezza su quando tutto questo finirà. Ma se si ha la pazienza di ragionare per un istante attorno a questo tema, come ha fatto ieri splendidamente sulla Stampa Mattia Feltri, si capirà facilmente che uno degli spettacoli mediatici meno edificanti di questi mesi, la lotta nel fango tra virologi, non ha a che fare solo con un tema di ego dei soggetti in questione bensì con un tema ben più importante più centrale e più difficile da accettare: l’assenza di una verità.
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