(foto LaPresse)

Il Cav. che fa i complimenti a Biden è la notizia nascosta del trumpismo e del suo declino

Giuliano Ferrara

Nonostante le analogie di superificie, Berlusconi ha dimostrato ancora una volta di essere su un altro pianeta rispetto al populismo aggressivo e autoritario di Trump

Quel gigante di simpatia e quell’istintuale veicolo di buona politica che è Berlusconi, il Cav., comunque la si pensi dei suoi errori e delle sue smargiassate mattocchie in ogni campo, è la notizia nascosta del trumpismo e del suo declino. Nella classifica di Luca Sofri ci sono le famose notizie che non lo erano, bisogna aggiungere per completezza le notizie che non lo diventano mai. Facciamo finta di niente, perché il riconoscimento del fatto non farebbe tornare i conti del correttismo antiberlusconiano, ma il Cav. ha fatto i complimenti a Biden per la sua elezione, che l’ex Truce ancora non riconosce, e ha detto che l’Arancione ha perso per la sua arroganza. 

 

Per quattro lunghi anni ho tremato: sta’ a vedere che adesso Berlusconi si mette sulla scia di Trump, ingolosito dal suo successo fantastiliardico, e rovina il mio schema Berlusconi sì-Trump no. Bè, non è successo. Il mio tremore era ingiustificato. Per tanti anni a mio modo ho combattuto al fianco del Cav., ma di Trump ho subodorato da subito il falso, il meschino, l’eroico furore di un emulo o di un epigono dell’outsider che non merita la gloria dovuta (ai miei occhi) a tutti gli outsider che si segnalano come avversari di un establishment poverello. Un passo falso di Berlusconi mi avrebbe messo in imbarazzo. Non c’è stato, quel passo. All’opposto, è venuto sempre più in luce che l’uomo di televisione invasore della politica tanti anni prima dell’Impostore, il riccone sceso anche lui da una scala mobile in un famoso supermercato di Casalecchio di Reno in cui discese (come si dice) in campo, il capo popolare ma non populista di un movimento Make Italy Great Again, il messianico mite e ridanciano che promise un nuovo grande miracolo al suo paese, il linguacciuto e disinibito riformatore del nostro vecchio linguaggio politico e civile, il trasgressore di tutte le convenzioni, e perfino quel politico che parlò di brogli dopo una sconfitta elettorale, che denunciò ben quattro colpi di stato farlocchi contro di lui, ecco, sì, quello lì, il Cav., di Trump e dei suoi modi autoritari e anti-istituzionali non sapeva che farsene. Era l’archetipo onirico del fenomeno populista planetario ma non il suo modello politico. Se questa non è una notizia, se non è un fatto di primaria grandezza e evidenza specie in un paese in cui il Cavaliere Nero suscitò per vent’anni passione e amore, odio e repulsione, che cosa è mai una notizia, che cosa è mai un fatto? 

 

Il Luogocomunista Collettivo diceva che poteva finire Berlusconi ma non il berlusconismo, come oggi dice con aria assorta e pensosa che può finire Trump ma non il trumpismo. Parallelismi scemi, concetti politici da due soldi, false analogie. Il trumpismo italiano si è affermato contro Berlusconi e il berlusconismo, con le pagliacciate ben note di quelli che al Cav. vogliono fare la pelle come capo politico, e pensano di potere ereditare il suo carisma per metterlo al servizio di un progetto alla Bannon (altra sòla cotta e mangiata dai luogocomunisti), di un comportamento alla Papeete. E questo fa risaltare come Trump e il trumpismo americano, nemesi di un establishment anglosassone che non ha mai capito un’acca di Berlusconi e ancora adesso si permette di considerarlo anticipazione del populismo aggressivo e autoritario e del risentimento a sfondo razzista e violento, siano un altro pianeta, nonostante le mille analogie di superficie. E qual è il punto della differenziazione, dell’alterità? Semplice. Il lealismo costituzionale e politico di fondo, che è patente nel Berlusconi figlio della Prima Repubblica e fondatore della Seconda Repubblica dell’alternanza, mentre è assente nel Trump devastatore dei canoni costituzionali degli Stati Uniti e della loro tradizione. Anche il Cav., che su “Striscia la notizia” appariva col poncho e diceva di sé “Sono invincibile”, quando perdeva metteva di mezzo i brogli, ma si vedeva lontano un miglio che scherzava, arzigogolava, curava un’immagine utile. Bisogna augurarsi che l’offensiva cupa di Trump contro la transizione pacifica da un presidente eletto all’altro finisca nella soffitta dei cattivi sogni, ma non si può essere sicuri che il boss del populismo americano scherzi. Bolsonaro, Mr Ping e Putin non hanno ancora riconosciuto la realtà, mentre il Cav. ha fatto gli auguri a Biden, che ha messo in minoranza l’Arrogante. Notizie che non lo diventano mai.

 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.