La mossa intempestiva del premier sulla Fondazione per la cybersicurezza apre le danze per le nuove promozioni. Blindato Vecchione, e con la perenne incognita di Mancini, all'Aise potrebbero avanzate due candidati interni graditi a Pd e centrodestra
La ricorrenza, data la materia trattata, non pare delle più fauste. E non per il dogma dell’immacolata concezione, ovvio. E’ che quando si parla di servizi, e di trame che in questi casi si vogliono sempre un poco occulte perfino quando vengono fatte fin troppo alla luce del sole, l’8 dicembre riporta inevitabilmente alla memoria la marcia dei forestali verso gli uffici della Rai, nel 1970. E così quando lunedì pomeriggio, nel bel mezzo del Cdm, è scoppiato il pasticcio intorno alla costituenda Fondazione per la cybersicurezza, qualcuno a Palazzo Chigi ha pensato a un bizzarro scherzo del destino, pronosticando tensioni crescenti. La verità è che però l’appuntamento è obbligato: perché l’incarico del prefetto Gennaro Vecchione a capo del Dis, il Dipartimento sulla sicurezza che sovrintende a tutto il comparto dei servizi, scade il 10 dicembre. E dunque sarà proprio nei giorni in cui ricorre il cinquantennale del tentato golpe Borghese, che la politica italiana si accapiglierà intorno alla ridefinizione dei vertici della sua intelligence, in una fase in cui all’intelligence viene chiesto di essere più forte dei governi che dovrebbero controllarla, più inclusiva delle maggioranze cangianti, forse già sensibile alle larghe intese che verranno. Non che Vecchione sia in discussione, in effetti. La sua riconferma per altri due anni viene già data per scontata da tutti, salvo cataclismi dell’ultim’ora.
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