Candidarsi a sindaco di Roma? Giorgia Meloni non vuole nemmeno sentirne parlare, e lo stesso vale per Zingaretti. E’ vero, il ruolo fa paura, ma i rischi sono la misura del successo, in politica e nella vita pubblica
Continua a stupirmi il minuetto intorno a Roma, alla carica di sindaco: prima lei, no, grazie, prima lei. Prendiamo Giorgia Meloni. Non vuole sentirne nemmeno parlare. I suoi dicono che candidarsi al Campidoglio, per la segretaria del raggruppamento di destra, sarebbe “un gran favore a Salvini, povero cocco”. Il primato eventuale su un centrodestra eventuale, doppia eventualità, sarebbe nel cursus honorum di Meloni un gradino assai superiore a quello di governare la Capitale. Mi permetto di dubitarne. Giorgia Meloni è piazzata così così per una corsa incerta a quel primato politico-elettorale, la cui data di scadenza è il 2023, salvo cataclismi. Invece Roma è per la primavera prossima, in un tempo politico favorevole a una donna-sindaco che molto probabilmente avrebbe i voti per prevalere e di romanità popolare è intrisa. Lo stesso vale per Nicola Zingaretti, il segretario del Pd. E’ stato commissionato e poi più o meno secretato un sondaggio che lo dà papabile per Roma. Pare non voglia nemmeno saperne.
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