La riunione coi capigruppo e il ministro D'Incà finisce in baruffa. Renzi invoca la resa dei conti e convoca la segreteria: "Così non può andare avanti". La rabbia di Delrio e Marcucci, l'irritazione di Zingaretti. E il Pd ribattezza il premier
L’argomento si prestava talmente tanto all’uopo dello scontro, che la baruffa è sorta quasi senza che la si cercasse. Perché per Italia viva il superamento del bicameralismo, perno centrale dell’abortita riforma del 2016, resta ancora una bella bandiera da sventolare: e i renziani Marco Di Maio e Davide Faraone, sia pure in videoconferenza, hai voglia se la sventolano. E però, con uguale antitetica tigna, nel M5s subito precisano che no, non può esserci una riproposizione del referendum bocciato dagli italiani. E ai grillini Davide Crippa e Ettore Licheri va in scia Federico Fornaro, esponente di Leu: “Per noi le priorità rimangono la legge elettorale proporzionale e i correttivi per limitare la compressione della rappresentanza, specie al Senato”. Altro che sopprimerlo, insomma. “Prima di pensare a nuove riforme – prosegue Fornaro – si rispetti l’accordo di maggioranza di ottobre”. Quello, per capirci, che proprio Matteo Renzi, scartando di lato per tornare a elogiare le virtù del maggioritario, ha mandato a ramengo.
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