Il muto, il napoletano e il kamikaze: Zingaretti, Di Maio e Renzi. Il primo non parla, il secondo gioca alle tre carte, il terzo spara a pallettoni coperto dagli altri due: “O Conte cambia sul Recovery o temo ci sia la crisi”. Non un film di Sergio Leone, ma l’intrico di una rete che si vorrebbe far calare su Giuseppe Conte come su un pesce. Tutto un gioco che più sembra politico tanto più invece si avvicina al gioco di scommessa perché, come dicono con una certa assestata saggezza alcuni amici di Sergio Mattarella, “le cose possono anche sfuggire di mano”. Nessuno vuole abbattere il governo, segare il ramo sul quale sta precariamente seduto, ma la storia insegna che gli incidenti capitano. E allora che succede sul proscenio della politica? Ci sono in ballo quei 209 miliardi di euro del Recovery che Conte vorrebbe gestiti da tecnici di sua fiducia e su cui invece i partiti intendono dire la loro. E stamani, sul Mes, si vota una risoluzione che vede sempre Conte stretto nelle convulsioni grilline. Ma la vera partita contro Conte è il Recovery. Debolissimo, senza truppe, eppure fin qui proprio per questo saldissimo, il presidente del Consiglio ieri ha cercato a tutti i costi in Dario Franceschini un aiuto per liberarsi dalla rete del muto, del napoletano e del kamikaze.
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