L’inconfondibile voce di Maurizio Gasparri spunta da dietro il busto di Francesco Saverio Nitti: “Ahó, io avevo dato i numeri giusti. Figuriamoci se cadeva oggi. Il problema è un altro: ha visto la faccia di Conte?”. E in effetti il giorno del voto sulla riforma del Mes, anche nella mitologica trincea di Palazzo Madama, fila liscio sul piano dei numeri (156 sì,
129 no e 4 astenuti). Ma rilascia scorie qua e là. La sintesi la dà Mario Monti quando, con brillante europerfidia, si complimenta con il premier “per la pedagogia didattica” adottata con i grillini, un’azione “che ha dato i primi frutti”. Sta infierendo su un corpo, quello di Giuseppe Conte, provato dalla scarica di colpi che gli piovono addosso da Pd e da Iv: diretti, ganci e montanti. Urla, critiche e silenzi. Il premier incassa. Tace. Si aggiusta la cravatta rossa. Un bicchiere d’acqua, per favore. Poi lo avvisano: “Pres, è appena arrivato Matteo Renzi”.
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