Il premier si lamenta dell'incoerenza del leader di Iv: "Mi accusa di decisionismo chi invocava il modello Genova e il Piano shock?". Ma poi chiede ai tecnici di concedere alcune modifiche al senatore di Rignano. "Vedrete che la risolviamo". Ma il vertice notturno tra i consulenti ministeriali diventa un rodeo
Sarà che, come dice lui, “sono un inguaribile ottimista”; o sarà che, come gli rimprovera anche il dem Graziano Delrio, “certe volte ignora le regole basilari della politica”. Sta di fatto che Giuseppe Conte s’ostina a non volerla considerare per quel che a tutti appare, la minaccia di Matteo Renzi intorno alla gestione dei fondi del Recovery plan. “Quello vuole la crisi e basta, prendiamone atto”, dicono al premier i suoi ministri più fedeli, alludendo al leader di Iv. E lui, il giurista di Volturara che sa farsi leguleio, quando vuole, e cavillare su una mezza frase per delle ore, rifiuta quasi di prenderlo sul serio. “Di certo c’è che sulla struttura della governance non possiamo tornare indietro”, ripete Conte. Al quale l’idea di dover disfare il disegno della sua cabina di regia come se fosse una tela di Penelope inquieta forse per un puntiglio d’orgoglio, e forse per la paura che da Bruxelles possano non gradire che a Roma si parta col piede in fallo, quasi a voler convalidare tutti i pregiudizi che a nord delle Alpi nutrono verso la proverbiale inconcludenza italica. Solo che ormai, per come si è incattivito il confronto, il disfare tutto sembra essere l’unica soluzione che Renzi possa accettare.
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