Ora Davide Casaleggio dirà che la colpa è dei vertici del M5s, che hanno organizzato male gli Stati generali, proponendo "quesiti dall'esito già scritto". E allora Vito Crimi replicherà dicendo che la responsabilità è da attribuire proprio al figlio del cofondatore, e al suo modo dispotico e bislacco di gestire la piattaforma. Sta di fatto che il dato resta lì, emblematico, a decretare una volta di più il fallimento di Rousseau. Perché al termine del più bizantino congresso che la storia della politica italiana ricordi, dopo mesi di baruffe e di isterie per decidere il destino del M5s, e la sua natura e la sua struttura, a votare su Rousseau sono stati poco più del 10 per cento degli aventi diritto al voto. Il che, oltre a ribadire la fumosa inconsistenza di quel mito della "democrazia diretta", pone evidentemente anche grossi dubbi sulla legittimità degli Stati generali, snobbati dalla quasi totalità del popolo del M5s.
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