Oggi arrancano, ma hanno avuto il merito di ricordare alle democrazie liberali quali sono i valori non negoziabili e quali le ragioni per cui il benessere del mondo, vaccini compresi, è inversamente proporzionale alla diffusione della loro cultura
Ora che sembrano battere finalmente in ritirata, ora che i loro graffi non procurano più dolore, ora che i loro ruggiti non fanno più paura, ora che i loro progetti si sono arenati, ora che i loro avversari si sono affermati, ora che le loro idee non fanno più presa, ora che i loro miti sono stati sconfitti, ora che le loro esperienze di governo sono state bocciate, ora che i loro referendum sono stati rimossi, ora che è successo tutto questo, e molto altro che certamente ci staremo scordando, è giunto il momento di dire, con un po’ di faccia tosta, quello che in tanti, tra un’ondata e l’altra, abbiamo pensato in questi mesi: cari populisti, grazie di esistere. Può sembrare paradossale, certo, e può essere un po’ da paraculi dirlo oggi che il populismo arranca, grazie al cielo, ma la verità è che la presenza e l’ascesa del populismo sulla scena mondiale hanno contribuito in modo decisivo a ricordare alle democrazie liberali quali sono i propri valori non negoziabili, quali sono i propri princìpi irrinunciabili e quali sono le ragioni per cui il benessere del mondo – vaccini compresi – è inversamente proporzionale alla diffusione della cultura populista. Vale per il passato, vale per il presente, vale per il futuro.
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