Da segretario del Pd si affida al precario e rischioso equilibrio tra crisi e continuità, dunque stempera, difende, puntella, smussa, “rimaniamo contrari a posizioni politiche che rischiano di destabilizzare la maggioranza di governo”, dice. E poi aggiunge: “La parola d’ordine è costruire”. Professore di equilibrio tra gli squilibrati, il segretario è il pompiere dell’incendiario Matteo Renzi, la sua nemesi. Poi però, da presidente del Lazio, ecco che lo stesso Nicola Zingaretti (ma forse è un altro) assume il passo risoluto della legione tebana. Si trasforma. Manda avanti contro il governo il suo assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, che da settimane fa esercizio di critica sulla gestione del Covid e dei vaccini. E spinge la propria risolutezza al punto da suonare ultimativo: “O il governo rinvia la riapertura delle scuole o decidiamo noi presidenti di regione”. Boom. Accadeva appena lunedì scorso. Il cauto che si fa coraggioso. Il morbido che diventa duro. Imparzialmente diviso tra speranza e scontentezza, ansietà e fiducia, sembra che Zingaretti abbia il piacere e il dispiacere d’essere molti, di vedere entrambi i se stesso, di essere di lotta e di governo, con Conte e contro Conte. Insieme mediatore e pure belligerante. Dottor Zingaretti e Mister Nicola.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE