Un po’ Figaro perché tutti lo vogliono e tutti lo cercano (o almeno così sembra). Un po’ deus ex machina perché dovrebbe sciogliere sul palcoscenico italiano l’intreccio micidiale tra pandemia e recessione. Un po’ convitato di pietra, soprattutto per chi solo a sentirlo nominare si fa venire l’orticaria. Una cosa è certa: Mario Draghi non farà il profeta disarmato, è un ruolo che non gli si addice. Riserva della Repubblica sì, ma in nessun modo un re travicello. Tante metafore, persino troppe, per riempire un silenzio quanto mai rumoroso, perché l’italiano più stimato e conosciuto all’estero ha parlato, eccome. Si può persino dire che l’annus horribilis sia stato aperto da un suo denso intervento e chiuso con un suo monito da brivido perché le cose, ha detto, sono persino peggiori di quel che avevamo immaginato. Una sola cosa Draghi evita accuratamente di menzionare: il caso italiano, per lo meno non lo fa apertamente tanto che gli esegeti sono costretti a leggere tra le righe, a interpretare i fondi di caffè, a decrittare i segnali che arrivano da più parti, persino dalla destra sovranista che odia i tecnocrati, gli eurocrati, i banchieri e che per anni ha messo sul banco degli accusati propria la Bce in particolare quella guidata da Draghi reo di aver salvato la moneta comune nel 2012. Di acqua ne è passata tanta da quel “whatever it takes” che ha mandato su tutte le furie B&B (Borghi & Bagnai), gli ideologi di Matteo Salvini, e i ponti ormai sono lì lì per crollare. Anche se il “capitano” leghista continua a detestare l’euro, l’Unione, l’Europa e a sognare una notte Boris Johnson e l’altra Vladimir Putin, travolto dalla pandemia che ha colpito più di altre regioni proprio le sue roccaforti, Lombardia e Veneto, è costretto a ingoiare il boccone indigesto fino al punto da lanciarsi in una proiezione a breve: “Un’alternativa liberale a Giuseppe Conte c’è”, ha dichiarato il 4 gennaio, “se non hanno voglia di governare noi siamo pronti. Mario Draghi? Non faccio nomi”. Ma basta, non arriviamo subito a conclusioni improvvisate, è meglio mettere in fila, uno dietro l’altra, tutti gli indizi.
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