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Gli scenari della crisi del BisConte
E adesso che succede? Mercoledì sera il ritiro della delegazione di Italia viva. Ancora nessuno sa davvero come finirà ma si possono ipotizzare vari scenari
E adesso che succede? Quali sono gli scenari più probabili di questa strana crisi di governo innescata ieri dal ritiro della delegazione di Italia viva di Matteo Renzi? È una crisi al buio e quindi per ora è difficile vederci chiaro. Ancora nessuno sa davvero come finirà ma si possono ipotizzare vari scenari.
Conte ter con la stessa maggioranza
Una ricomposizione del quadro. Per assurdo che possa apparire c'è una possibilità che si torni a un nuovo governo con la stessa maggioranza – Pd, M5s, Leu e Iv – con Conte come premier. In questo momento, a giudicare dalle dichiarazioni dei politici coinvolti, sembra impossibile. Luigi Di Maio ha pubblicato un post su Facebook nel quale dice che le strade di Iv e della maggioranza si separano definitivamente. Sembra il preludio a una rottura insanabile, ma va detto che queste sono le ore delle dichiarazioni di tattica: è normale alzare i toni e anche escludere possibilità che invece rimangono sul tavolo.
Un Conte ter con una maggioranza diversa
Stesso presidente del Consiglio ma diversa maggioranza. È l'ipotesi preferita dallo stesso Conte e dal M5s. Si passerebbe per l'ingresso in maggioranza dei cosiddetti "responsabili", una quindicina di senatori che vengono soprattutto dal bacino del centrodestra, di Forza Italia, moderati e liberali, che darebbero il proprio sostegno a Conte per sostituire la delegazione uscente di Iv, composta da 18 senatori. Paradosso nel paradosso, in questa pattuglia potrebbe entrare anche qualche senatore di Iv che non condivide la scelta di Renzi. Difficoltà e contrarietà non mancano, soprattutto da parte del Pd e del Quirinale. Il Pd ha escluso questa ipotesi. La maggioranza che uscirebbe da questo scenario sarebbe raccogliticcia; andrebbe dai berlusconiani alla sinistra a sinistra del Pd. Questa idea inquieta Sergio Mattarella, che pur non avendo posto divieti categorici, ha fatto capire che si aspetta quanto meno la formazione di un gruppo dove raccogliere i responsabili. Non è facile perché il regolamento del Senato impone che nuovi gruppi si possano fare solo utilizzando simboli già presentati alle elezioni. In sostanza rimangono: Idea di Quagliariello o Partito socialista italiano di Nencini che però al momento è già utilizzato da Renzi, o il Maie, gli eletti all'estero, o addirittura l'Udc. Già negli organigrammi questa opzione rivela tutta la sua artificiosità e complessità.
Ritorno alle urne
Non potendo ricomporre il quadro, un'alternativa possibile è il voto anticipato. Forse lo scenario più drammatico. C'è chi ipotizza già marzo, chi metà giugno come data papabile delle elezioni. Questa ipotesi piace alla destra che, con questa legge elettorale e con il taglio dei parlamentari voluto dai Cinque stelle, farebbe man bassa di collegi e di scranni in Parlamento e arriverebbe così a potere avere una ampia maggioranza per poter varare riforme costituzionali. Una destra sovranista a trazione Salvini-Meloni andrebbe a gestire i fondi del Recovery e a eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Per questo è un'ipotesi considerata azzardata anche da chi nel Pd spinge per le elezioni. Zingaretti e Orlando, ad esempio, non la vedono come un'ipotesi da escludere ma come una delle possibili soluzioni per una crisi che potrebbe diventare ingestibile. La segreteria pd ha interesse ad andare al voto anche per rinnovare i gruppi parlamentari che al momento sono di derivazione ex renziana e rispondono assai poco direttamente alle direttive del Nazareno.
Governo istituzionale
Potrebbe essere sia un governo elettorale, che entra in carica per pochi mesi fino al ritorno alle urne ordinato, sia un governo che parta con un orizzonte di tempo limitato ma poi arrivi fino a fine legislatura. È un'ipotesi che ha senso solo se la partecipazione è ampia e trasversale ma chi ne farebbe parte? Tutto il centrodestra o solo Forza Italia? Oppure solo le forze presenti fino a ieri nella maggioranza? Per la guida di un esecutivo del genere si fanno già i nomi di Luciana Lamarogese, Marta Cartabia, Carlo Cottarelli, o dell'ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. È però ancora troppo presto per ragionare di nomi.