Roma. Si definisce “l’ultimo dei craxiani”, Riccardo Nencini, in un’intervista a Repubblica. Dice di non aver “mai tradito” le sue origini. Socialista, fiorentino, scrittore, intellettuale, senatore del gruppi Iv-Psi, già segretario dello Psi, già parlamentare europeo, già presidente del Consiglio regionale della Toscana per dieci anni, dal 2000 al 2010, già assessore al Bilancio dal 2010 al 2013 nella giunta di Enrico Rossi. Nel 2013, da segretario nazionale dello Psi, viene eletto in parlamento nelle liste del Pd. Nel 2018 viene eletto al Senato grazie alla lista socialista-verde-prodiana Insieme (che aveva trovato casa nel solito Pd) e al collegio blindato di Arezzo, fra i mugugni dei democratici che ambivano al prezioso scranno.
La diaspora socialista ha frantumato chiunque, tranne lui, che fu eletto la prima volta alla Camera nel 1992 e che oggi si è messo addosso i panni del “costruttore”: “Non è questo il tempo per avventurarsi in una terra incognita. Non con una pandemia che ha mietuto 80 mila vittime. Noi siamo tra i costruttori”, ha detto in coppia con il segretario dello Psi Enzo Maraio. Sicché, tutti hanno interpretato queste parole come un via libera alle trattative per puntellare la maggioranza che tiene a malapena in piedi, sopratutto al Senato, il Conte bis. Da quel momento, Nencini è stato dato per arruolato nel gruppo dei costruttori, ex cosiddetti responsabili (in altri tempi i Cinque stelle avrebbero usato altri epiteti).
Ma un momento del genere come lo vive un responsabile, anzi un costruttore? Dice di essere sempre al telefono, il senatore Nencini, in questi giorni. Tra le sue telefonate ci sono anche quelle con il vecchio compagno socialista Fabrizio Cicchitto, che al Foglio spiega: “Con Riccardo ci sentiamo, il che naturalmente non vuol dire che siamo come Marx ed Engels, eh! Io sono allo stato attuale un libero pensatore, lui ha un piccolo partito… Però ci uniscono la storia socialista e Bartali”. Dice Cicchitto che per capire cosa sta succedendo, nencinianamente, bisogna tenere conto di due aspetti. Uno strategico, l’altro tattico. “Io posso dare una valutazione strategica, ma sul piano tattico Riccardo fa quello che fa perché ha il problema di tenere viva la storia politica di un movimento e di un partito”. Quindi Cicchitto capisce le mosse di Nencini e non giudica. Tuttavia, spiega, l’operazione “responsabili” gli sembra “asfittica e quasi suicida”, ma è probabile che riesca. Non sarà risolutiva, tutt’altro. “La situazione nel paese nel frattempo peggiorerà. Ci saranno altri lockdown, l’economia andrà peggio. Il governo dei costruttori è asfittico e darà prospettive per Giorgia Meloni e Matteo Salvini”.
Detto questo, spiega Cicchitto, “mi rendo conto che Riccardo possa avere i suoi problemi. Il comunicato dell’altro giorno lo condivido interamente, ma con altre mosse tattiche io non c’entro. Non lo dico polemicamente, eh. In ogni caso, con i tempi che corrono, Nencini è uno che ha vivacità e interessi culturali. Ha scritto un libro con Franco Cardini e tra quelli che vedo in giro è uno dei migliori. Combina un lavoro ultratattico a una dimensione politico-culturale che nessun altro ha”.
Il lavoro ultratattico di Nencini rischia però di creare non pochi problemi a Italia viva, che è riuscita a costituire insieme al Partito socialista un gruppo autonomo grazie al regolamento del Senato. Secondo le regole, si possano formare gruppi autonomi, composti da almeno 10 senatori, purché dentro il gruppo ci siano rappresentanti di un partito che si è presentato alle elezioni (quindi con tanto di simbolo). “Il problema del simbolo per il gruppo del Senato esiste”, dicono da Italia viva, che rischia di finire insieme a Loredana De Petris di Leu nel Gruppo misto.
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