Che tristezza il nostro dibattito pubblico. Si dirà: sempre meglio che dare l’assalto al Parlamento come hanno fatto in America. Sì, ma la tristezza resta. Non è possibile che in un momento come questo, in cui l’Italia si gioca davvero presente e futuro, appaia così grande l’abisso tra la posta in gioco e i protagonisti che stanno giocando la partita. Un po’ come i “pubblici teatrali” di cui parla Platone nelle Leggi, i quali, anziché affidarsi al giudizio di coloro che sanno di musica, si sono poco a poco convinti di poter dire qualsiasi cosa, di poter gridare le proprie opinioni per partito preso, incuranti della propria ignoranza, anche il nostro dibattito pubblico sta inscenando ormai una “miserabile teatrocrazia”, dove è sempre più difficile distinguere quelli che Platone avrebbe definito i “valentuomini” dalle “persone da nulla”. Ciò che soprattutto conta è esserci, alzare la voce o parlare sulla voce dell’altro, nella convinzione che proprio da questa presenza “teatrale” dipenda in gran parte il consenso degli spettatori-elettori.
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