La fiducia c'è, ma zoppica un po'. Senza la riconciliazione con Renzi, il premier s'avventura su un sentiero stretto. "Per dare forza all'operazione responsabile, bisogna fare un altro governo", dicono nel M5s. E il Pd spinge il capo del governo a confrontarsi col Quirinale. Ma Giuseppi tentenna
Poco prima che la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ufficializzi che i Sì alla fiducia sono 156 (tanti quanti la somma dei No, 140, e degli astenuti renziani, 16, con un assente nel M5s, due in Forza Italia e uno in Italia viva), il ministro grillino si abbassa la mascherina e si accascia su una sedia, in un anfratto riservato dell’ammezzato di Palazzo Madama, stremato da una ricerca di responsabili che s’è trasformata in una caccia all’uomo. “Il punto è che ormai con Renzi siamo andati oltre il punto di non ritorno. Riprenderlo a bordo, significherebbe mandare in subbuglio il M5s. Ma per non rendere necessario il suo rientro, c’è bisogno che l’operazione coi responsabili sia robusta. E però, per renderla robusta, servirebbe fare un nuovo governo, per farli sedere al tavolo come chiedono”. Manca un “però”, ancora. “Giuseppe non vuole, non si fida. Resisterà finché potrà”. Poi squilla il telefono, l’inseguimento riprende. “Balle”, si sfogano sulle chat i deputati grillini. “La verità è che sono i nostri ministri a suggerire a Conte di non dimettersi, così i loro posti sono blindati”.
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