Quello che il senatore Andrea Cioffi ha detto in Aula e il M5s ha "censurato"
Riproponiamo il discorso del vicepresidente vicario del gruppo M5S e membro della commissione parlamentare ai lavori pubblici. Con qualche nota che siano un compendio per i punti più intensi
Riportiamo il discorso integrale tenuto ieri in Senato dall’ingegner senator Cioffi Andrea, vicepresidente vicario del gruppo M5S dall’ottobre del 2020 e membro della commissione parlamentare ai lavori pubblici. Lo facciamo perché ne abbiamo apprezzato l’altissima qualità retorica e stilistica, oltre che naturalmente la portata politica, etica, umana, ma pure perché perché sui canali social del Movimento il video dell’intervento è stato doviziosamente manomesso e deprivato della parte cruciale della concione, con enorme dispiacere degli utenti, che su YouTube reclamano: dov’è la parte fanta-chimico-biologica-new age? Qui c’è.
Aggiungiamo che, nel resoconto stenografico del Senato, è stato aggiunto un “Tucidide” che Cioffi non ha mai pronunciato, a rinforzare il vigore culturale del senatore.
Proponiamo il testo con alcune note in corsivo, che siano un compendio per i punti più intensi.
Perché siamo qua?
Ce lo dice l’articolo uno, la sovranità appartiene al popolo. Siamo qua per essere popolo (epifonema del Movimento). Cittadini che prestano il loro cuore e la loro testa al servizio del popolo. Un popolo composto da cittadini e cittadine che vivono da anni in una condizione di compressione della loro capacità di spesa, colpiti da un sistema in cui per troppi anni la politica ha abdicato difronte (licenza) alle logiche della mano invisibile di cui parlava Smith. Peccato che il mercato perfetto non esista ed è per l’asservimento a quella oramai superata concezione che fallisce il suo teorema. Fallisce perché non tiene conto dei desideri e delle sofferenze dell’uomo. Una concezione che più che utopica è distopica (“Lei non ha capito niente del mio lavoro, lei sostiene che ogni mia topica è utopica”, Marshall McLuhan in “Io e Annie”), visto che prevedeva la mobilità perfetta di quella che Sanders (e anche qualchedun altro, via) definisce classe lavoratrice. Gli uomini e le donne non sono macchine o numeri, sono l’essenza profonda del nostro agire e della nostra responsabilità: siamo noi quando andiamo al mercato (allegoria del buon governo), siamo noi quando andiamo fuori da questo palazzo, siamo noi quando ci scontriamo con il dolore e la gioia della nostra esistenza. Quanto dolore c’è fuori ma anche quanto amore. Ecco, noi dobbiamo sentire nelle nostre vene fluire quel dolore e quell’amore (sindrome di Stendhal) per capire cosa dobbiamo fare, a partire dal rispetto e dall’amore l’uno per l’altro: come ci ricorda il Vangelo di Marco, è quell’amore che permette di essere al servizio del popolo ed è su questo concetto che possiamo e dobbiamo evolverci. Dobbiamo sentir fluire quel dolore, quello sgomento che sentono i cittadini, per far ritornare al centro dell’azione il senso di fratellanza. La fase storica che stiamo vivendo porta ad accentuare l’astio, la contrapposizione, figlia di quella logica turboliberista (Luciano Capone non se ne abbia) che ha dominato non solo l’economia ma la vita stessa delle persone. Un popolo che soffre come può essere felice (principio di non contraddizione)? Non lo sentite dentro di voi il dolore? Il dolore della gente? E noi siamo qui a parlare di un problema di stabilità che si intreccia e nasce dall’ego- ismo anzi dall’ego-tismo che come dice la Treccani (mica Wikipedia! Classy) è quell’atteggiamento psicologico che consiste nel culto di sé e nel compiacimento narcisistico e raffinato della propria persona e delle proprie qualità, quell’ego che tanto fa e tanto disfa, quell’ego distruttore che non fa altro che esaltare il senso della vanità, decisamente il mio peccato preferito, come diceva un vecchio film (L’avvocato del diavolo, con un Al Pacino indimenticabile). È su quella vanità che si fonda la certezza incrollabile della propria verità, ma tenetevi le ghiande e lasciatevi le ali (cit. da “Cyrano" di Guccini) noi siamo oltre quella vanità, noi sentiamo sulle nostre spalle il peso di quella grande massa di persone che combatte con la propria fatica quotidiana e si è allontanata dalla voglia di volare come un gabbiano.
Come non ricordare la fatica di Michele, un mio amico ingegnere passato nel fuoco del Covid, una delle tante partite IVA che combatte quotidianamente con il rallentamento delle commesse e con il rallentamento della catena dei pagamenti come tanti di quei liberi professionisti che hanno difronte l’aumentare dell’insicurezza per il sostentamento delle proprie famiglie. Oppure come Antonio, fantastico chitarrista jazz che come tanti lavoratori dello spettacolo dal vivo, dagli scenografi agli impresari non riescono più a lavorare oppure come mio cugino Franco anche lui ingegnere libero professionista che è morto di Covid soltanto una settimana fa. Ed è in onore di tutte quelle persone e di tutti coloro che hanno difficoltà che tutti noi dobbiamo ricordare qual è il ruolo di un parlamentare. L’ho già detto, per servire il popolo bisogna sentirsi popolo: interpretarlo e avere il coraggio di attuare e proseguire l’azione che si sta portando avanti, è un atto d’amore che si fa quando ci si sente cittadini nelle istituzioni che torneranno alla loro vita alla loro fatica quotidiana, una volta finito il mandato. È un ciclo, una catena, un cerchio in cui il punto di partenza è uguale al punto di arrivo.
(Qui comincia la parte censurata) È la natura che ci fa capire quanto sia un sistema circolare. Basta pensare al ciclo del glucosio. Il sole, motore della vita, quando il verde della primavera esplode e ricopre la terra di fremito, di potere, di energia vitale; quando una foglia ti appare controluce e ne vedi la struttura, le diramazioni interne e tu sai che quei cunicoli collegano l'aria alla terra. Foglie che fanno sì che l'aria si sia arricchita di quello che all'inizio della storia era un veleno, l'ossigeno (la fotosintesi clorofilliana spiegata bene).
Lì, sulla superficie della foglia, si ricrea un microcosmo di effetti e di magia (attenzione: non è magia, è scienza), un mondo dominato dall'unione, dall'interazione, dalla trasformazione di elementi semplici, dall'idrogeno all'ossigeno, dall'azoto al potassio. Una serie di elementi che ruotano, che danzano intorno al loro mentore, il carbonio.
Lì, sulla superficie della foglia, nasce l'amore. Quando l'anidride carbonica entra nel verde e, ballando sotto i raggi del sole, ebbra del suo calore, si divide, lasciando l'ossigeno libero di volare e il carbonio libero di riunirsi, insieme agli altri convitati alla festa, per definire una meravigliosa collana: il glucosio, dolce nettare che scorre fino al frutto e da qui entra nella bocca di un bambino, entra nel suo sangue e va ad alimentare quella parte che, più di ogni altra, ne ha bisogno, quella parte da cui nasce il pensiero, da cui nasce la domanda e la risposta (libero mercato e poesia). Quella cellula nervosa che produce l'amore ed il dolore, il pensiero ed il ricordo (sempre la fotosintesi clorofilliana, spiegata in Dolce Stil novo).
In quella cellula, il carbonio si separa ancora dai vecchi compagni di ballo e, tramite il sangue, arriva agli ormoni, dove ritrova i due vecchi amici, tra cui l'ossigeno e, ricombinandosi con loro, torna libero di volare nell'aria. E parte un nuovo giro di giostra, entrando nelle ali di un gabbiano, nelle gambe di un grillo, nel sangue di un lombrico (psichedelico!), negli artigli un leone: la vita, la vita.
Signor Presidente del Consiglio, è per quella vita, per quell'amore che si perpetua tra l'ossigeno e il carbonio, che tutte le persone di buona volontà vogliono che lei vada avanti (qui finisce la censura). L'amore richiede coraggio e, come diceva lo storico ateniese Tucidide (nds - nota dello stenografo), padre della polis, sicuramente i più coraggiosi sono coloro che hanno la visione più chiara di ciò che li aspetta, così della gloria come del pericolo. E tuttavia l'affrontano e non scappano, aggiungo io. Quindi, avanti a testa alta, presidente Conte. Il Movimento 5 Stelle è con lei.