“È arrivato il momento di rafforzare il profilo riformista del Pd e della maggioranza, specie se vogliamo davvero attrarre forze liberali. E il Recovery è il banco di prova di questo riassetto: così com’è, non funziona. È scritto male, è fragile", dice il deputato dem
La sua convinzione, per come ce l’ha anticipata, è che “per risolvere in fretta e per bene questa crisi, c’è bisogno di riscrivere il Recovery plan con un approccio riformista, e fare un nuovo governo insieme alle forze politiche che in quella riscrittura andranno coinvolte”. Ma questa è appunto la soluzione finale. “Per arrivarci, però, servono delle premesse”, dice Enrico Borghi, deputato del Pd di rito gueriniano. “Il mondo intorno a noi non s’è fermato perché qualcuno ha aperto una crisi. Ed è per questo che il vuoto di potere, tanto più in una fase come questa, è preoccupante”, spiega Borghi. “E’ preoccupante per quel che riguarda il settore bancario e finanziario”, prosegue, citando quel rapporto del Copasir sul rischio di scorribande straniere a Piazza Affari e dintorni che ben conosce, essendone stato uno dei relatori. “In quegli ambienti la vacanza di un esecutivo forte e con una visione chiara può essere una tentazione. Penso a Mps, a Telecom, a Fincantieri, a Mediaset e a Stellantis: tutte vicende delicate che richiedono un governo nel pieno delle sue funzioni”. E poi? “E poi c’è un’emegenza sociale, come ci ricorda l’ultimo rapporto del Censis. Una tensione latente che potrebbe trasformarsi in un’onda anomala quando verrà sospesa l’anestetico della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti”.
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