L’importante è la responsabilità, no? La ragione per cui, in questa pazza crisi di governo, tutto è ancora possibile e tutto può ancora mutare da un momento all’altro non ha a che fare solo con l’imprevedibilità di questo Parlamento, non ha a che fare solo con il logoramento dei rapporti tra i leader, non ha a che fare solo con la stanchezza pandemica, non ha a che fare solo con la paura delle elezioni ma ha a che fare con una particolare caratteristica della politica contemporanea che coincide con un’attitudine che sarà bene tenere a mente nelle prossime settimane: la naturale predisposizione dei protagonisti della politica a considerare perfettamente negoziabili anche le dichiarazioni teoricamente meno negoziabili. Oggi tutto sembra essere bloccato, tutto sembra essere fermo, tutto sembra essere complicato e tutti cerchiamo di leggere il futuro concentrandoci sulle posizioni teoricamente granitiche di Giuseppe Conte (“mai più con Renzi”), di Luigi Di Maio (“mai più con Italia viva”), di Nicola Zingaretti (“c’è solo il voto senza questo governo”) e di Matteo Renzi (“Conte è un vulnus per la democrazia”) ma la verità è che la storia recente di questa legislatura ci ha insegnato che non c’è dichiarazione teoricamente definitiva che non sia tecnicamente provvisoria e che non ci sia imperativo assoluto che non sia fatto per essere poi successivamente negoziato.
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